LUCIA BONATESTA
Cronaca

L'appello della madre di un ravennate in Iran: “Mio figlio bloccato con moglie e bimbe”

L’angoscia per un cinquantenne che vive a Shiraz con la consorte e le due figlie, una di 20 mesi e una di appena 20 giorni: “Ci sono diverse difficoltà: non vogliamo che siano abbandonati”

Il deposito petrolifero di Shahran, a nord-ovest di Teheran, colpito da missili

Il deposito petrolifero di Shahran, a nord-ovest di Teheran, colpito da missili

Ravenna, 24 giugno 2025 – “Cari mamma ed E., questo al momento è l’unico modo che ho per spedirvi un messaggio. Non vi preoccupate, stiamo bene. Non è possibile comunicare via internet in nessun modo, no Whatsapp o mail o altro, ecco perché non mi faccio sentire. Avvertite tutti quelli che vi chiedono mie notizie che non posso rispondere ai loro messaggi. In questo momento, la situazione è grave e non sappiamo cosa succederà e come cambieranno le cose. Ovviamente stiamo provando in tutti i modi a uscire dal Paese”.

Comincia così la mail che un cinquantenne ravennate ha inviato domenica sera ai suoi familiari dall’Iran, dove vive dal 2019 e lavora come professore di musica in un istituto privato. Vive a Shiraz, città natale della moglie, e ha due figlie, cittadine italiane, una di 20 mesi e l’altra di 20 giorni, nata appena il 3 giugno. Dopo l’inizio dei bombardamenti – prima israeliani e poi anche americani – si è spostato in campagna e adesso cerca disperatamente di uscire dal Paese. La famiglia ci ha chiesto di non diffondere l’identità per motivi di sicurezza. L’email di domenica è il primo contatto che la famiglia è riuscita ad avere dal 18 giugno, quando la madre aveva ricevuto una chiamata di pochi minuti, interrotta nel mezzo di una frase: “So che si va verso Baku via terra. Sto cercando disperatamente di…”. Le comunicazioni in entrata in Iran, infatti, sono bloccate; mentre in uscita sono possibili solo in ristrette finestre temporali. Già dall’inizio dei bombardamenti, il 13 giugno, si erano fatte più rarefatte. Il 16 giugno la madre ha chiamato per la prima volta la Farnesina, che l’ha indirizzata verso l’Unità di crisi. Da allora, però, nonostante sia già partito almeno un convoglio di italiani fuori dall’Iran, la situazione per il ravennate e la sua famiglia sembra in stallo.

“Vogliamo portare all’attenzione la storia di mio figlio affinché lui, le sue bambine e sua moglie non siano abbandonati. Sappiamo che è in contatto con la Farnesina, ma ci sono diverse difficoltà. La prima è che mio figlio si trova nell’estremo Sud, a circa 1.000 chilometri da Teheran, città da cui è partito il gruppo di italiani usciti dal Paese. Per raggiungerla, dovrebbe intraprendere privatamente un viaggio lunghissimo con due bambine così piccole, esponendosi ai bombardamenti. La seconda problematica è che la piccola, nata da 20 giorni, non ha ancora ottenuto tutti i documenti necessari per uscire dal Paese e questo potrebbe essere un problema”, spiega la madre. Poi specifica: “Sia io che mio figlio ci rendiamo conto che ci sono centinaia di persone da aiutare per il Ministero e che ognuno di loro ha i propri problemi. Qui però c’è in gioco la vita di una bambina di 20 giorni, l’unica italiana di quell’età nel paese. Non può affrontare un viaggio così lungo e così pericoloso. Pertanto, chiediamo, nel massimo rispetto di tutte le istituzioni, che gli venga offerta al più presto una via d’uscita concreta e fattibile. Ecco perché abbiamo deciso di portare il caso all’attenzione dei media”.