
La fontana dell’acqua ’pisciolina’ nel piazzale dei Mille, a Marina di Ravenna
Gàbici Quando non c’era l’acquedotto, e dunque parliamo di prima degli anni Trenta del secolo passato, i ravennati compravano l’acqua potabile in alcuni punti di vendita. Uno di questi era in Piazza del popolo in una botteguccia nei pressi del palazzo Gargantini dove la gente andava a comprare il prezioso liquido per due soldi al fiasco. Altri punti di vendita si trovavano presso la stazione del tramway fra la via Ravegnana e la via Mangagnina e all’incrocio di via di Roma con la via Mariani.
Vicino alla chiesa del Suffragio, chiamata la “Chiesa delle anime, c’era una pompa, chiamata appunto la pompa “dagl’anum” (delle anime). Anche la ditta dei fumisti Borghi, che vendeva stufe nel palazzo Corradini (i vecchi ravennati lo chiamano ancora “e palaz Borghi”), commerciava acqua importata dalla sorgente di Pracchia presso Faenza.
Ma parlando di acqua in questa stagione calda mando un affettuoso pensiero a quell’acqua ricca di zolfo che in maniera molto colorita era chiamata dai ravennati “pisciolina”. A Ravenna nel 1954 fu aperta una fontanella in via Fusconi alla quale ne seguirono altre due, una in via Codronchi e un’altra all’inizio di via Sant’Alberto presso il Lazzaretto. Ma la più famosa fontanella era a Marina di Ravenna, nella attuale piazza Dora Markus, dove c’era anche un bunker adibito alla vendita del pesce fritto. Per la verità le fontanelle erano due ed erogavano lo stesso prodotto eppure c’era gente che ne utilizzava solamente una. Quando si dice l’abitudine! E anche se il paese già era servito dall’acqua potabile, gli abitanti del luogo (ma anche tanti ravennati) facevano la fila coi bottiglioni e le taniche davanti alle due fontanelle che purtroppo furono chiuse nel 1988 perché l’acqua, a dire degli igienisti, non era "batteriologicamente pura". Mah! Sta di fatto, però, che i marinesi e i ravennati hanno bevuto quell’acqua per tanti anni e nessuno ha mai avuto dei problemi. Molti ancora la ricordano e rimpiangono il sapore di quell’acqua che non solo dissetava ma che faceva anche sbalordire.
Quando attorno alle fontanelle si faceva ressa, infatti, qualcuno si divertiva a darle fuoco. Bastava tappare per pochi attimi il rubinetto per concentrare lo zolfo che le conferiva il classico sapore quindi si raccoglieva l’acqua nel cavo della mano e la si accendeva con un fiammifero fra lo stupore degli astanti, soprattutto dei turisti che guardavano increduli l’acqua che prendeva fuoco.
Che tempi fantastici! Perfino l’acqua e il fuoco andavano d’accordo.