CARLO RAGGI
Cronaca

Scavi archeologici nella cassa di espansione

Nuove scoperte effettuate durante i lavori nel Canale dei Mulini, al confine fra i territori comunali di Castel Bolognese e di Solarolo

Nuove scoperte effettuate durante i lavori nel Canale dei Mulini, al confine fra i territori comunali di Castel Bolognese e di Solarolo

Nuove scoperte effettuate durante i lavori nel Canale dei Mulini, al confine fra i territori comunali di Castel Bolognese e di Solarolo

Dall’età del Bronzo al Basso Medioevo, passando per l’età del Ferro e quella romana, ovvero un periodo di tempo di oltre tremila anni: è questo l’ampio spettro temporale in cui si collocano le scoperte archeologiche effettuate durante i lavori di scavo per la costruzione della cassa di espansione del Canale dei Mulini, al confine fra i territori comunali di Castel Bolognese e di Solarolo. Gli scavi sono stati condotti dal personale della società ‘Phoenix Archeologia’ su incarico del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale e sotto la direzione di Sara Morsiani della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle province romagnole; i risultati sono stati illustrati da Claudio Negrelli, della Phoenix. Se i reperti relativi all’età del Bronzo, ovvero fra i tremila e i mille anni a.C. sono costituiti da pochi frammenti ceramici, le scoperte relative all’età del Ferro, fra l’VIII e il VII secolo a.C., sono più cospicue. Gli archeologi hanno infatti rinvenuto le impronte dei pali portanti probabilmente di una capanna e i resti di una tomba costituiti da un’urna in ceramica con le ossa combuste di un defunto e da un ricco corredo per il defunto composto da recipienti sempre di ceramica e monili in rame.

Tutti oggetti deposti su uno strato di carboni risultato della combustione della pira di legno sulla quale era stata posta la salma per la cremazione. Indizi evidenti di un insediamento sparso di una popolazione verosimilmente di cultura villanoviana e umbra come già riscontrato nell’area solarolese. Relativamente all’età romana sono state individuate due profonde buche circolari in origine contenenti probabilmente cisterne dì legno per l’acqua.

I romani infatti fin dal secondo secolo a.C. avevano colonizzato tutto il territorio e si erano distribuiti all’interno della griglia della centuriazione, un sistema tuttora ancora tanto evidente nelle campagne della Romagna e oggetto di stretta salvaguardia. Ben più evidenti le scoperte relative al basso Medioevo, tredicesimo e quattordicesimo secolo, tanto da rendere possibile a Francesca Zamborlini, esperta di ricostruzioni storiche della ‘Phoenix’, di raffigurare in un minuzioso disegno, il probabile volto dell’insediamento agricolo di cui tante tracce sono state trovate.

Tracce costituite da un reticolo di canali di varie dimensioni, da pozzi, da fondamenta di capanne e da molteplici mattoni, ceramiche e maioliche che hanno indotto gli archeologi a ritenere di trovarsi davanti ai resti una ‘Tumba’, ovvero una fattoria sopraelevata rispetto al piano di campagna e fortificata abbinata probabilmente a una torre e risalente al 1300 e probabilmente attorniata da altre piccole strutture.

Per quanto se ne sa, secondo Negrelli si tratta del primo caso di individuazione di tracce di una ‘Tumba’ di cui si sono sempre e solo avuto notizie dai documenti. Gli scavi e le tracce sono stati ovviamente documentati anche fotograficamente mentre i reperti sono a disposizione della Soprintendenza e in via di restauro ad opera dei tecnici della stessa ‘Phoenix’ e al termine potrebbero trovare spazio al Museo di Castel Bolognese. Non è poi da escludere che, al termine di ulteriori approfondimenti, dei ritrovamenti venga redatta una pubblicazione.

Carlo Raggi