
"Schiaffi, insulti e uno mi colpì con una sedia"
Schiaffi, urla, insulti e pure una sedia utilizzata per colpire. Tutto per la richiesta di indossare una mascherina, quando ancora era obbligatorio in pieno lockdown. Sono scene da far west quelle descritte ieri durante l’udienza di un processo per una rissa avvenuta il 31 ottobre 2020, nel centralissimo bar Senio di Cotignola, con imputate cinque persone. Da una parte gli aficionados del locale e dall’altra tre ciclisti del Ravennate che quel giorno decisero di fare tappa lì, difesi dagli avvocati Maria Elena e Giulia Versari, Maria Nazzarena Barbarossa, Serafino Tabanelli e Paolo Giorgi.
Per uno dei ciclisti è stato dato il via libera alla messa alla prova all’Ente protezione animali di Lugo, mentre per un altro non è ancora stato reperito l’ente. Intanto ieri il processo è andato avanti con rito ordinario per gli amici del bar Senio, tra i protagonisti della rissa. Davanti al giudice Antonella Guidomei e al viceprocuratore onorario Simona Bandini, il primo a prendere la parola durante l’udienza di ieri è stato un settantenne cotignolese che ogni tanto frequenta il locale del paese e che si è ritrovato testimone di quel violento pomeriggio d’autunno del 2020. "Ero seduto a un tavolo sul piazzale davanti al bar Senio – ha iniziato il racconto l’avventore – e stavo dando un’occhiata al giornale quando ho visto arrivare tre ciclisti sulla quarantina con delle bici da corsa, mai visti prima. Dopo qualche istante si sono alzati i toni e allora io che sono uno che si spaventa subito, mi sono alzato in piedi e sono andato via dal piazzale. Mi è venuto d’istinto di chiamare i carabinieri e poi sono tornato di fronte al bar". A quel punto la scena che si è trovato davanti è stata quella di una rissa con uno degli amici del bar che "sanguinava e si teneva una mano nella nuca" e un altro frequentatore del locale "a gattoni in terra che tentava di rialzarsi". Quest’ultimo era stato anche visto perdere l’equilibrio, presumibilmente dopo una spinta, e battere la testa in uno spigolo del muro del bar. Il testimone di quel pomeriggio di follia ha poi raccontato che uno dei ciclisti quel pomeriggio aveva iniziato a insultare uno dei frequentatori del bar: "Continuava a pronunciare offese forti, ripeteva ‘handicappato’. I miei amici del bar li ho visti affranti, loro sono sempre più che tranquilli".
Che cosa era stato a scatenare tanta rabbia nei ciclisti? A chiarirlo è stato un sessantaseienne del paese, tra gli imputati nel processo per rissa, che è stato sentito come parte offesa. "Quel pomeriggio di ottobre del 2020, verso sera ci siamo incontrati con altri amici per leggere il giornale e chiacchierare al bar quando a un certo punto sono arrivati tre uomini in bici". Uno degli avventori affezionati del bar, vedendoli entrare senza mascherina quando all’epoca era obbligatorio, "gli ha detto molto gentilmente che avrebbero dovuto indossare la mascherina. Così uno dei ciclisti ha dato in escandescenza e ha preso l’avventore per il naso. "A me con uno schiaffone ha fatto saltare via il cappello e con un’unghia mi ha fatto sanguinare la faccia" ha continuato il racconto il sessantaseienne. Poi il ciclista ha ripreso a insultare il primo avventore e intanto il sessantaseienne diceva con un altro ciclista di indossare la mascherina. A quel punto pure l’altro ciclista "ha tentato di darmi uno schiaffo che sono riuscito a schivare a malapena e mi ha dato un colpo con una seggiola nella schiena". Poi il ciclista ha preso il sessantaseienne e il primo avventore e "ci ha sbattuto per terra". Insomma, scene da far west, con tanto di parole forti, insulti e minacce contro gli amici del bar da parte dei ciclisti, finché non sono arrivati i carabinieri: "Quei ciclisti erano fuori" ha sintetizzato il sessantaseienne. Alla prossima udienza di fine maggio saranno altri testimoni a raccontare la loro versione di quanto accaduto in quel violento pomeriggio di ottobre 2020.
Milena Montefiori