ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Sub morto in pialassa, "Non credo all’incidente. Vollero dargli una lezione"

La sorella di Stefano Zaffagnini, annegato in pialassa nel 2016

Una foto di Stefano Zaffagnini

Ravenna, 8 luglio 2018 - «Ho sempre pensato che la morte di mio fratello non fosse stata accidentale. I sospetti furono alimentati dal racconto che un ispettore della polizia Provinciale fece il giorno dopo il funerale». Il fratello Stefano, alias Titto, è morto nel 2016 in un incidente sul lavoro davvero particolare: annegò mentre con le bombole pescava vongole in pialassa in un punto poco profondo. Gli accertamenti degli inquirenti hanno scandagliato sia l’attrezzatura che il corpo del sub: non è venuto fuori nessun elemento ritenuto idoneo a indirizzare il caso verso qualcosa di diverso da una «tragica fatalità». Ma dal giorno dell’archiviazione, Patrizia Zaffagnini, nota ai più per la sua attività di avvocato, non riesce a levarsi dalla testa un pensiero: che dietro alla morte di Titto ci sia stato ben altro.

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Avvocato Zaffagnini, perché i suoi dubbi sono partiti con il racconto di un ispettore?

«Perché lui (fa nome e cognome, ndr) mi disse che mio fratello si era recato al suo ufficio per denunciare furti di vongole, minacce e risse, anche con armi, tra gruppi di comacchiesi e di napoletani proprio nella zona della pialassa».

Quindi agli atti esiste una denuncia formale?

«No perché mio fratello non la fece: forse, con il senno di poi, penso perché gli dissero che era in corso un’operazione interforze di polizia. Dopo due giorni dall’incontro con l’ispettore, Titto fu trovato morto in pialassa. L’ispettore mi confidò che quando aprì il giornale e seppe della morte di mio fratello, disse a un collega: ‘Me l’hanno ammazzato’».

Ci spieghi meglio.

«L’ispettore mi disse che in pialassa, episodi di violenza erano all’ordine del giorno perché vi era un fiorente mercato nero delle vongole che interessava mafie più o meno grandi, col pescato che invece di andare allo stabulario (il luogo per le depurazione dei molluschi, ndr), prendeva la via di Napoli su camion per essere infine qui consegnato a chi controllava il business. I miei sospetti di una morte non accidentale, sono cresciuti con la lettura della consulenza tecnica sull’attrezzatura subacquea comparate con le testimonianze sul recupero del cadavere, con il rapporto dei vigili del fuoco e con le foto del luogo del ritrovamento».

Che cosa non la convince?

«Il consulente evidenzia due elementi che mi hanno fatto pensare: la cintura addominale di bloccaggio della bombola era stata allacciata con un nodo in vita e non con la fibbia a innesto di sgancio rapido, eppure non risulta che fosse rotta: perché quindi fare un nodo se la fibbia funzionava?».

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Ha fatto riferimento a due elementi.

«Il secondo è la ricostruzione della manovra di sgancio delle bombole che mio fratello avrebbe fatto per riemergere: una manovra ritenuta ‘verosimile’. La consulenza dice che mio fratello sott’acqua si era sfilato gli spallacci, che sono un po’ come le cinghie di uno zaino. E non riuscendo a sfilare poi le bombole verso il basso a causa dell’impossibilità di sciogliere il nodo della cintura addominale, ha esaurito le forze annaspando sul fondo scivoloso».

Annegato insomma?

«Vede, il corpo di mio fratello è stato trovato in circa mezzo metro d’acqua con il braccio sinistro legato al tirante di un padellone con la sagola della boa di segnalazione e il retino. Mi chiedo come possa essere morto in mezzo metro d’acqua (mostra intanto la foto del recupero, ndr). Un’immagine che non potrò scordare per il resto della mia vita: mio fratello morto che fissa a occhi sbarrati il cielo».

Cosa non le torna?

«Se, come hanno riferito testimoni (fa nomi e cognomi, ndr), al momento del decesso mio fratello aveva ancora la boa galleggiante di segnalazione legata al braccio, come ha fatto a sfilarsi sott’acqua gli spallacci delle bombole? Avrebbe dovuto sganciare il moschettone del galleggiane: ma non è stato così perché il collega ha trovato il cadavere proprio grazie al recupero della corda della boa. Oppure, manovra che ritengo impossibile, avrebbe dovuto recuperare sott’acqua la boa, farla passare sotto il braccio sinistro e poi sfilarsi gli spallacci. Assurdo per qualcuno che sta cercando di sganciare le bombole... e mi sono chiesta per quale motivo, visto che praticamente la superficie dell’acqua era vicinissima dato le minime profondità del bacino».

Cosa crede sia successo allora? 

«La mia opinione è che qualcuno, non saprei proprio dire chi, volesse dare una lezione a mio fratello perché era appena andato alla polizia Provinciale per denunciare fatti di pesca di frodo e altro: ma il tutto era sfuggito di mano trasformandosi in tragedia. Ciao Titto te lo dovevo».