Cmc Ravenna news, settanta milioni per vivere

La cooperativa delle costruzioni in crisi di liquidità spera in una partnership con un colosso del settore

In piazza per difendere i posti di lavoro

In piazza per difendere i posti di lavoro

Ravenna, 26 luglio 2022 - Giocarsi 120 anni di storia in pochi giorni. Sull’asse Ravenna-Roma si discute il futuro della Cmc, cooperativa muratori cementisti, oggi in procedura concordataria, con uno straordinario bisogno di liquidità. Una consistente boccata d’ossigeno potrebbe arrivare da una nuova società da costituire con uno tra Fincantieri, Webuild, Pavimental, tre colossi delle costruzioni e non solo (soprattutto Fincantieri). Nei giorni scorsi c’è stato un primo incontro al ministero dello Sviluppo economico, venerdì 5 agosto è previsto il secondo round, per molti "quello decisivo". Servono una settantina di milioni di euro pubblici per far partire la nuova partnership che consentirebbe alla Cmc di onorare le scadenze dei debiti e rilanciare l’attività. Sull’altro fronte c’è solo il fallimento che, da calcoli neanche troppi approssimativi, avrebbe un costo economico e sociale superiore ai 5 miliardi. "Abbiamo un miliardo di lavori in portafoglio – dice il presidente Alfredo Fioretti – un’esperienza nel settore delle grandi opere che ci invidiano. Chiediamo lo stesso trattamento riservato dallo Stato ad altri colossi nazionali delle costruzioni: un intervento con fondi pubblici per consentirci di chiudere la trattativa aperta con altri grandi gruppi del settore". Fioretti ripete: "Il fallimento lascerebbe commesse incompiute, 3800 dipendenti senza lavoro, 15mila piccole e medie aziende che fanno parte dell’indotto Cmc senza la possibilità di incassare crediti". Uno schiaffo a una storia che, pur tra alti e bassi al pari di altre aziende simili, è fatta di crescita tecnologica continua.

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Nel secondo dopoguerra Cmc costruisce gli impianti petrolchimici a Ravenna e in Sicilia, silos per cereali ma anche banchine e moli per il porto di Ravenna, centrali elettriche, tra cui la più grande d’Italia alla foce del Po, con una potenza di 2580 MW. Nel 1965 passa dall’occuparsi della viabilità ordinaria a costruire tratti autostradali, in Piemonte, Emilia-Romagna, Sicilia. L’ingresso nel mercato estero è del 1975 con un appalto in Iran. Poi vengono silos e complessi molitori per cereali in Algeria e Iran, strade (Somalia, Tanzania, Costa d’Avorio e Burkina Faso) e dighe (Mozambico, Botswana, Zimbabwe, Tanzania, Algeria). Verso la fine degli anni ’80, Cmc diventa leader nei lavori sottoterra grazie all’utilizzo di una gigantesca Tbm, sorta di potente trivellatrice utile per scavare in fretta tunnel di notevoli dimensioni. I lavori della Tav arrivano grazie a questa specializzazione. Poi la crisi, l’indebitamento, il ricorso alla procedura concordataria.

Dal prossimo tavolo "ci aspettiamo solo ipotesi che prevedano la salvaguardia dei posti di lavoro", sostengono le segreterie nazionali dei sindacati edili Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil. "Nell’incontro al Mise sulla crisi della Cmc – osservano – abbiamo chiesto con forza, unitamente ai rappresentanti delle tre confederazioni, una soluzione che preveda la continuità industriale e occupazionale della Cmc e dell’indotto attraverso il coinvolgimento di partners industriali del settore e garantendo una dote finanziaria. Per noi è fondamentale che vengano prese in considerazione solo le ipotesi che prevedano la salvaguardia dei posti di lavoro e la continuità produttiva dei cantieri in portafoglio" Quindi, concludono, nei prossimi giorni "pur consapevoli della difficile situazione che sta attraversando il Paese promuoveremo ulteriori iniziative a sostegno della vertenza".