di Carlo
Salvarani*
La sindrome di Behçet è un disordine raro, cronico, caratterizzato da un’infiammazione dei vasi sanguigni in tutto il corpo. Oltre a causare ulcere orali e genitali ricorrenti e lesioni oculari, può determinare lesioni cutanee, artrite, tromboflebiti, infiammazione dell’intestino e del sistema nervoso centrale. La causa comune di tali lesioni è una vasculite ovvero un’infiammazione dei vasi arteriosi e venosi. Caratterizzata negli anni da periodi di assenza e ricomparsa di attività di malattia, prevede una terapia con lo scopo di prevenire le riacutizzazioni evitando il danno d’organo e quindi la disabilità. La terapia è "individualizzata" sull’organo interessato dal processo infiammatorio e i pazienti vengono trattati con farmaci diversi a seconda dell’organo. La condivisione medico-paziente delle decisioni terapeutiche è fondamentale. L’aderenza alla terapia è più alta nei pazienti che vengono direttamente interessati nel processo decisionale terapeutico. In particolare, la mancanza di informazione da parte del paziente dei potenziali rischi e benefici delle scelte terapeutiche e un’inadeguata comunicazione medico-paziente sono tra i principali fattori di rischio per una sospensione prematura da parte del paziente della terapia che porta a devastanti conseguenze sulla sua salute. Il processo di condivisione è fondamentale anche perché questa sindrome può interessare diversi organi che richiedono approcci terapeutici diversi con terapie immunodepressive tradizionali, ma anche con farmaci innovativi biologici spesso off-label. Il medico che cura un paziente con sindrome di Behçet deve spiegare i potenziali rischi e benefici di ogni opzione terapeutica, valutare preferenze e dubbi del paziente per giungere a una scelta condivisa sulla migliore opzione terapeutica.
* Direttore Reumatologia Ausl Irccs di Reggio e Aou Modena e professore Unimore