Coronavirus Reggio Emilia, uniti dall’amore ma divisi dalla malattia

Tra i due non ci sono legami ufficiali e la donna non ha notizie delle condizioni del compagno da 15 giorni: "Sento un dolore tremendo"

Un paziente affetto da Coronavirus in ospedale (foto d'archivio Ansa)

Un paziente affetto da Coronavirus in ospedale (foto d'archivio Ansa)

 Reggio Emilia, 2 aprile 2020 - Uniti dall’amore, che la malattia ha rafforzato, ma divisi da un silenzio forzato nel momento più delicato, tra la vita e la morte. Lui, un reggiano di 60 anni, ha contratto il Coronavirus ed è finito in Rianimazione all’ospedale Santa Maria Nuova. Lei, la fidanzata, sui 50, vive con l’ansia perché i medici non la terrebbero informata delle condizioni del suo amato, perché non sposata e senza un documento che attesti un legame con lui. La coppia inizia una relazione dopo essersi lasciati entrambi alle spalle i rispettivi matrimoni: l’uomo, in particolare, è separato e ora attende il divorzio. Ognuno continua ad abitare nella propria casa, ma il loro legame è profondo.

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"Stiamo insieme dal 2 novembre 2016 - racconta la donna -. A lui ho dato tanto, tutto, il bene più grande, che è un amore incondizionato. Con lui ho sopportato tutto, momenti facili e difficili. Ma di lui, dal 14 marzo, io non so più nulla, nonostante sia a tutti gli effetti il mio compagno".

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L’uomo scopre di avere il Covid e viene ricoverato il 7 marzo: "Lui è stato trasportato in ambulanza, io lo seguivo in auto". Dapprima il 60enne entra nel reparto Infettivi, dove la coppia continua a sentirsi e a scambiarsi messaggi: "L’8 marzo sono andata alla rotonda di San Pellegrino, dove si affacciava la finestra della sua camera d’ospedale, per poterlo vedere. Ma lui mi ha detto che non aveva più forza per alzarsi...". Le condizioni peggiorano e l’uomo finisce in Rianimazione: "Per due giorni - racconta la donna - ho avuto informazioni dai medici sul suo stato di salute: era stato intubato ed era molto grave". Poi un drastico cambio: "Dal terzo giorno i dottori mi hanno detto che non potevano più dirmi nulla perché non ho un rapporto di parentela. E da allora, dal 14 marzo, non so se lui sia vivo o morto, se combatte...".

La voce si spezza nel pianto: "Tutti sanno che siamo una coppia di fatto, che ci vogliamo bene senza coabitare...". La donna, che in marzo aveva accusato qualche malessere, è uscita proprio ieri per la prima volta di casa dopo la quarantena: "Forse lui ora è anestetizzato, mentre io sono qui, in piedi al supermercato, e sento un dolore tremendo". Poi la voce si spezza tra le lacrime: "Ho lasciato un mondo diverso. L’ultima mia uscita risaliva all’8 marzo, quand’ero andata sotto la finestra dell’ospedale. Io non l’ho visto, ma ora è tutto cambiato e nessuno mi ridarà ciò che mi è stato tolto tolto...".  

Marco Scarpati
Marco Scarpati

Chiediamo a Scarpati se un’eventuale contrarietà dei parenti del malato possa aver pesato: "Si tratta di un diritto - obietta il legale - che la compagna ha così come i familiari. Loro sono una coppia di fatto, come io ho dimostrato su richiesta dell’Ausl. Esiste un diritto all’amore, ci sono anche sentenze europee che riconoscono". Interpelliamo l’Ausl sulla questione, che ieri ha deciso di non rilasciare dichiarazioni. Scarpati si infiamma: "A Reggio, città dov’è stata celebrata la prima unione in Italia di una coppia gay, non mi sarei mai aspettato nulla di simile. Quante coppie in età matura o di anziani convivono senza dichiararlo per non perdere la reversibilità della pensione? ". E annuncia battaglia legale contro l’Ausl: "Come ho già preannunciato con una lettera alla stessa Ausl, denuncerò l’ente sanitario per omissione di atti d’ufficio".