
Brescello, il processo per diffamazione verso l’attivista, che fu licenziato dal Comune nel 2002 . Imputato l’ex sindaco. L’avvocato difensore: "Mi sembra strano, ne parlava tutto il paese... ".
"Sembra che oggi la seggiola scotti, che la gente non veda l’ora di andare via...".
A un certo punto sbotta l’avvocato difensore Mario L’Insalata, mentre interroga l’ultimo dei tre testimoni da lui citati ieri, ovvero l’ex comandante della polizia locale di Brescello Mauro Dallasta. Il processo si colloca sullo sfondo incandescente del paese della Bassa, il cui municipio fu sciolto per infiltrazioni mafiose.
Figura come imputato l’ex sindaco Ermes Coffrini, accusato di diffamazione verso Donato Ungaro, ex vigile urbano che fu licenziato dal Comune nel 2002. Ungaro si ritenne ingiustamente penalizzato per il lavoro di giornalista sulle questioni locali che svolgeva in contemporanea a quello di agente municipale: fece causa e fu riconosciuto in via definitiva che il suo licenziamento fu illegittimo.
Al centro del dibattimento che si svolge davanti al giudice Giovanni Ghini, vi sono le mail che Coffrini inviò a diverse istituzioni invitandole a non mandare in scena lo spettacolo ‘Saluti da Brescello’, ispirato alla vicenda di Ungaro: quest’ultimo, costituito parte civile – così come l’Ordine dei giornalisti – si è sentito diffamato dalle frasi scritte dall’ex sindaco, tra le quali "palesi falsità con cui lui si è costruito una carriera da professionista dell’antimafia".
Nella scorsa udienza Ermes Coffrini, sentito in aula, ha detto che era invece quella pièce teatrale a gettare discredito su di lui. Dallasta, che era allora il superiore di Ungaro, ha riferito che i problemi nacquero perché lui "vigile urbano, fu operato e stette in malattia, ma in quel periodo continuò a scrivere articoli".
L’Insalata gli ha chiesto più volte se il Comune si pose il problema dell’incompatibilità dei ruoli di Ungaro, ottenendo un "no" di fronte al quale il legale ha obiettato: "Mi sembra strano, ne parlava tutto il paese, ci furono anche lettere inviate a Donato Ungaro".
Finché lui ha risposto: "Ufficialmente no, non c’era necessità che la situazione mi venisse rappresentata".
Poi il difensore gli ha detto che stava eludendo le sue domande. E ha chiesto se Ungaro gli avesse mai segnalato abusi edilizi o escavazioni abusive, nonostante scrivesse pezzi su questi temi, e il teste ha risposto di no. Sono arrivati anche gli strali del pubblico ministero Maria Rita Pantani: "Quando lei lesse gli articoli su fatti di rilievo penale, chiamò mai Ungaro o delegò indagini?". "Non ci ho pensato", risponde. "E chiamò il sindaco?". Dallasta dice: "Può essere, non ricordo, la mia non è una posizione di comodo".
Per prima è stata ascoltata Silvia Cavallari, ex responsabile dell’ufficio tecnico di Brescello (vi lavorò dal 1996 al 2008) citata pure lei dalla difesa.
Dice di non ricordare di essersi mai occupata di quattro appartamenti trasformati in otto; di aver ricevuto solo qualche segnalazione di abusi edilizi dei Grande Aracri, "ma non riguardavano appartamenti, forse una tettoia. Non so poi come sia stata gestita perché andai via nel 2008 quando Coffrini non era più sindaco".
Non rammenta se Ungaro avesse segnalato casi di irregolarità edilizie. Sul fatto che lei lasciò il lavoro a Brescello, interrogata dall’avvocato di parte civile Valerio Vartolo (per Ungaro), dice: "Nel 2008 fu cercata da un altro municipio e chiesi mobilità. Dopo 15 anni era il comune in cui risiedevo e sentivo l’esigenza di spostarmi altrove".
E poi, rispondendo a L’Insalata, ha riferito che "Coffrini non intervenne mai su di me o altri del mio ufficio per coprire segnalazioni di abuso".
Vartolo ha poi depositato documenti, tra cui un articolo del Carlino e la sentenza del processo ‘Grimilde’ in cui si dice che lei "si trasferì in quanto stanca di essere continuamente avvicinata fuori dall’ufficio da persone che le chiedevano conto di pratiche edilizie relative ad Alfonso Diletto, Francesco Grande Aracri e suo cognato Carmine Rondinelli. Costoro sono stati poi denunciati per abusi edilizi, rispetto a cui il Comune rimase del tutto inerte, sostituendo tra l’altro Cavallari con soggetti legati al sindaco (nel 2008 era Giuseppe Vezzani, ndr) e nominando istruttore tecnico, senza concorso pubblico, Isabella Grande Aracri".
Parola, durante l’udienza di ieri, anche all’ex comandante dei carabinieri di Brescello (in servizio dal 2003 al 2015) Stefano Airini, ora in servizio a Parma, pure lui citato dalla difesa.
Ha riferito che, nell’anno in cui era in carica in contemporanea a Ermes Coffrini (sindaco fino al 2004), Francesco Grande Aracri era sorvegliato speciale, "controllato mattina e sera". L’avvocato L’Insalata gli ha chiesto se, al di là delle inchieste per mafia, seguite da altri organi inquirenti, lui avesse mai notato infrazioni di Grande Aracri legate a questioni locali come rapporti con l’amministrazione, abusi edilizi o violenze: "È sempre stato riservato, non frequentava bar, non ha mai violato nulla. Se si intende non aver creato disordini, si comportava bene", ha risposto.
E, infine, ha detto che "dagli altri canali investigativi non arrivarono richieste o segnalazioni per verificare rapporti tra Grande Aracri e i membri del Comune": lui fu delegato a occuparsi solo delle minacce mafiose a Catia Silva. Dicendo poi che Ungaro si rapportò per motivi giornalistici, ma che non ebbe mai da lui segnalazioni su illeciti.