Terremoto, i funerali. Renzi e Mattarella ad Ascoli, foto

Dolore e dignità nella palestra di Monticelli. Il presidente della Repubblica: "Non vi lasceremo soli" SPECIALE: FOTO E VIDEO - IL CONTO CORRENTE PER AIUTARE LE VITTIME

Terremoto, Matteo Renzi ad Ascoli per i funerali delle vittime (Foto Ansa)

Terremoto, Matteo Renzi ad Ascoli per i funerali delle vittime (Foto Ansa)

Ascoli Piceno, 27 agosto 2016 - La profonda compostezza dei parenti delle vittime, la speranza chiesta dal vescovo e dalle istituzioni, hanno caratterizzato i solenni funerali (foto) delle vittime picene del terremoto (foto e video) che si sono svolti questa mattina ad Ascoli.

Una cerimonia immersa nel profondo rispetto, con le 35 bare di 49 scomparsi circondate dai familiari, compreso chi, nonostante le ferite, è voluto esserci a tutti i costi. Dietro, in prima fila, le maggiori cariche dello Stato: il presidente Sergio Mattarella, il cui arrivo dai luoghi del sisma ha sancito l’inizio della celebrazione, il premier Matteo Renzi insieme alla moglie, i presidenti di Senato e Camera Piero Grasso e Laura Boldrini.

Affianco a loro il Governatore delle Marche Luca Ceriscioli, i vice presidenti del Parlamento Europeo Antonio Tajani e Davide Sassoli, il deputato Di Maio e i sindaci di Ascoli e Arquata, Guido Castelli e Aleandro Petrucci. Presenti molti altri primi cittadini della vallata picena, ma anche l’aquilano Massimo Cialente. Oltre seicento, invece, le persone che hanno seguito il rito sul maxischermo posto fuori la palestra, assistite da decine di volontari.

«Siamo una sola famiglia – ha esordito nell’omelia il vescovo di Ascoli, monsignor Giovanni D’Ercole, che sull’altare ha voluto con sé quelli di Rieti e L’Aquila, Pompili e l’ascolano Pedrocchi -, abbiamo pianto e sofferto insieme, ma ora è il momento della speranza». Quindi, ricordando gli attimi vissuti in prima linea sui luoghi della tragedia, dice: «Molti di voi mi hanno chiesto: ‘Ora che si fa?’. Stanotte l’ho chiesto a Dio perché queste persone sono state strappate alle loro famiglie, sventrate dal terremoto». La risposta è ripresa dalla prima lettura: «Anche Giobbe, solo con la forza dei deboli, afferma: ‘Io so che il mio Redentore è vivo e che si ergerà sulla polvere’. La polvere del terremoto che lui stesso vide all’Aquila e che «toglie tutto tranne una cosa: il coraggio della fede, una scialuppa di salvataggio in un mare in tempesta».

Ancora D’Ercole, stavolta citando Guareschi: «E’ vero, oggi i riflettori sono puntati su di voi, domani chissà, ma anche Don Camillo ai suoi fedeli disse dopo l’alluvione: ‘Un giorno esse torneranno, placate, nel loro alveo, e ritornerà a splendere il sole’». Quindi, dopo aver preso ad emblema della vittoria della vita sulla morte la storia delle sorelle Giulia e Giorgia, con la prima morta per proteggere con un abbraccio la seconda, si rivolge ai giovani: «Il nostro è un tempo di guerre, anche il terremoto lo è contro la natura. Per questo dobbiamo rispettarla, non provocarla. Non perdete il coraggio: solo insieme ricostruiremo le nostre case e le nostre chiese».

Terminato il rito, il presidente Mattarella ha portato il suo cordoglio alle vittime, abbracciando e consolando ogni singolo familiare. Stessa cosa hanno fatto le altre cariche Renzi, Boldrini e Grasso, tutte visibilmente commosse nello stringere mani e promettere impegno a quella che è stata la prima richiesta: ‘Non lasciateci soli’. A tutti il Capo dello Stato ha risposto: «Non vi abbandoneremo».

Quindi, lasciata la palestra, si è diretto nel reparto di pediatria del vicino ospedale ascolano per portare un regalo alla piccola sopravvissuta Giorgia, nel giorno del suo quarto compleanno.

«Impiegheremo tutte le risorse necessarie nel minor tempo possibile» è invece il messaggio di Laura Boldrini, alla quale fa eco il premier Renzi: «Io vi aiuterò» il suo messaggio alle famiglie, ma anche agli amministratori locali. «Ripartiremo dal ricostruire le scuole» è, infine, la promessa del Presidente del Senato, Pietro Grasso.

Poco prima della fine della celebrazione, al termine della lettura al microfono dei quarantanove nomi, sempre al vescovo era toccato l’annuncio della cinquantesima vittima, un nome seguito da urla disperate di alcuni conoscenti in tribuna. L’unico e commovente squarcio di rabbia in un silenzio ricco di dignità e pudore.