Due ultracentenarie operate al femore: “Così tornano a camminare"

Benite e Carolina, due interventi nelle Marche: la prima in piedi 48 ore dopo. Il dottor Pascarella: "Non abbandoniamo gli anziani in un letto, c’è un’altra possibilità"

Benite, 103 anni, operata all’ospedale San Salvatore  di Pesaro e tornata in piedi dopo 48 ore e Carolina, 102 anni, operata per la frattura del femore dal dottor Raffaele Pascarella all’ospedale di Torrette

Benite, 103 anni, operata all’ospedale San Salvatore di Pesaro e tornata in piedi dopo 48 ore e Carolina, 102 anni, operata per la frattura del femore dal dottor Raffaele Pascarella all’ospedale di Torrette

Benite e Carolina, ultracentenarie. E che cosa hanno in comune? Entrambe, dopo una caduta domestica, hanno rimediato una brutta frattura del femore. La prima,103 anni, è stata operata all’ospedale San Salvatore di Pesaro e camminava ad appena 48 ore dall’intervento. Quasi un record. La seconda, 102 primavere, è stata operata all’ospedale regionale di Ancona, si alza ma avrà bisogno di più tempo per rimettersi in piedi. Due storie in sette giorni, che raccontano donne tenaci e longeve, pronte a una vita che continua grazie all’intervento di una sanità pubblica che, nelle Marche, non le ha lasciate indietro.

Ancona, 12 aprile 2024 – Dottor Raffaele Pascarella, direttore della divisione di ortopedia e traumatologia dell’azienda ospedaliero universitaria delle Marche, la medicina si è evoluta e permette anche agli ultracentenari di continuare a vivere, nonostante gravi fratture o politraumi. Voi come intervenite?

"Utilizziamo metodi di osteosintesi o chirurgici di protesizzazione dei pazienti. Gli anziani che arrivano da noi sono fragilissimi. Affinché sopravvivano, per dare loro una possibilità, li operiamo tutti, a meno che le condizioni generali non siano compromesse. Non operarli vuole dire abbandonarli in un letto con dolori e infezioni fino all’exitus (accertamento del decesso, ndr )".

C’è una stima sulla sopravvivenza dei più anziani dopo interventi del genere?

"Secondo le statistiche, il 10-20 per cento delle persone longeve entro il primo mese non riesce ad andare avanti. ll 40 per cento invece torna per i controlli. Molti poi sfuggono ai dati in quanto, se affetti da patologie degenerative, una volta operati rientrano nelle strutture preposte e non si hanno più notizie".

L’aspetto più importante del vostro lavoro?

"Togliere il dolore. E la frattura del femore fa molto male. L’intervento viene fatto per questo, per poi rimettere il paziente seduto ed evitare le sindromi come le piaghe da decubito, la polmonite e le malattie correlate alla stasi in un letto".

Nel vostro ospedale che numeri avete?

"Nell’area ortopedica, clinica e divisione, circa 300 fratture di femore all’anno. Principalmente per gli anziani che, avendo l’osteoporosi, anche con una banale caduta possono andare incontro a una frattura. Un giovane, invece, per rompersi il femore deve subire un trauma ad alta energia, come un incidente stradale, motociclistico o un infortunio sul lavoro".

Altri tipi di fratture che operate?

"Siamo un centro di riferimento per le fratture dell’acetabolo e dell’anello pelvico, molto complesse, operate in poche strutture in Italia. Arrivano pazienti politraumatizzati e centralizzati con l’elisoccorso dopo incidenti gravi".

Ed è un orgoglio, per lei, essere considerato l’ortopedico dei campioni, dopo le operazioni a Valentino Rossi e Francesco Bagnaia?

"La cosa importante è la quotidianità. Ogni giorno arrivano persone che hanno richieste di salute e a noi interessa curarle. Poi è chiaro, quando curi il campione sei sotto le luci della ribalta. Ma l’emozione più grande è vedere una persona fratturata o politraumatizzata che, il giorno dopo, è seduta, non ha più male e ha una possibilità di vita".

Come la signora Carolina, che ha operato a 102 anni?

"Sì. E l’intervento è andato bene. Ricordo che la signora deambulava prima dell’infortunio. Dopo l’intervento l’abbiamo subito messa seduta e abbiamo provato a rimetterla in piedi, ma per ora non è d’accordo. Speriamo riesca a tornare a fare ciò che faceva prima, cioè camminare".