MASSIMILIANO MARIOTTI
Cronaca

Walter Casagrande alla festa dell’Ascoli: "La mia vita tra gol, errori e rinascite"

Il ritorno del campione in città: "Mi sono disintossicato in clinica, ora bevo solo acqua e mi prendo cura di me. Quel gol alla Fiorentina? Facile..."

Walter Casagrande

Walter Casagrande

Ascoli, 10 settembre 2023 – Non servono presentazioni per Walter Junior Casagrande, tornato in città per la festa dei 125 anni dell’Ascoli Calcio. Un campione di quel calibro probabilmente non lo rivedremo mai in questo piccolo capoluogo di provincia. Nessuno è riuscito a far innamorare i tifosi come il brasiliano, tanto da essere eletto il calciatore più forte della storia. Un rapporto sincero con il presidentissimo Rozzi che fece di tutto, riuscendoci, a portarlo sotto le cento torri. “È stato il presidente più importante che ho avuto in tutta la mia carriera – racconta –. C’era un rapporto diretto anche nelle discussioni o nei momenti di tensione. Potevano esserci attriti ma finiva tutto lì, non serbava mai rancore. Quando scendemmo in B fu un momento difficile. Lui voleva sempre vincere e da me pretendeva di più. Abbiamo vissuto tante belle emozioni insieme alla gente e ai tifosi. Sono rimasto per quattro anni. Uno dei miei figli è nato ad Ascoli. Ho sempre giocato a calcio non per essere il migliore, ma perché mi piaceva fin da piccolo. Sono contento della stima avuta come calciatore, ma soprattutto di quella riscossa come persona. In campo ho dato davvero tutto. Non vedo l’ora di riabbracciare tutti per ricordare la storia”.

Walter Casagrande, oltre al campo è stato un idolo del popolo con la ‘Democracia Corinthiana’. Quanto sono stati duri quegli anni?

"La ‘Democracia Corinthiana’ è nata in un momento difficile del Brasile, eravamo sotto la dittatura militare. La polizia faceva qualunque cosa sulle persone. La stessa cosa continuo a fare adesso difendendo lo stesso pensiero. La democrazia è il valore più importante per un popolo. Per una persona non c’è niente di più fondamentale della libertà".

La presenza dell’amico Socrates quanto è stata importante nella sua vita?

"Eravamo molto amici dentro e fuori dal campo. Nel nostro paese si parla di Socrates e Casagrande come se fossimo un’unica cosa. La nostra è stata un’amicizia calcistica, politica, culturale. Abbiamo avuto gli stessi ideali e le stesse passioni. Nonostante la differenza d’età, lui aveva 9 anni più di me, mi chiamava ‘Big’".

È molto attivo anche sul sociale. Di cosa si occupa?

"Lotto per il popolo indigeno. Sono stato ad una loro cerimonia e sono rimasto vari giorni. Condividiamo la battaglia per riconsegnare la terra agli indigeni nativi che sono la popolazione originaria di quei territori".

Ha combattuto per sconfiggere il mostro della droga. Cosa sente di dire?

"Con la droga non si vince. Se si pareggia, finisce e va via dalla tua vita. Più tempo perdi per cercare di dominarla, più è difficile abbandonarla. La droga è più forte di noi, quando si impossessa sei un dipendente chimico e diventa molto complicato batterla. Non si può usare droghe e vivere una vita senza problemi. Io ho sofferto tantissimo".

Come è riuscito a liberarsene?

"Sono stato in una clinica per disintossicarmi e quando sono uscito ho iniziato delle terapie con psichiatri e psicologi. Ancora oggi le seguo. Porto avanti il mio percorso per riuscire a vivere tranquillo. Nelle feste in cui vado, anche quelle a cui sto partecipando qui ad Ascoli, non bevo più niente. Solo acqua e sto bene così e mi prendo cura di me. Resto concentrato su quello che devo fare, non su quello che mi piace fare. Esco con gli amici, ma faccio solo ciò che mi fa bene".

Nelle esperienze internazionali ha vinto una Coppa dei Campioni col Porto. Come andarono le cose?

"La vincemmo nell’87 affrontando in finale il Bayern Monaco. Ai quarti di finale ruppi i legamenti della caviglia e rimasi fuori due mesi. Mi allenai duramente per giocare la finale e feci dei test fino all’ultimo per scendere in campo. Non stavo bene e rimasi in panchina, ma la coppa fu nostra".

Nel 1992 invece fu protagonista in Coppa Uefa col Torino di Mondonico: sfiorò il miracolo...

"Col Torino fu diverso perché giocai. In semifinale a Madrid affrontammo il Real e perdemmo 2-1, segnai io. Il ritorno fu un trionfo. Segnammo subito poi facemmo il secondo, la potevamo vincere anche 5-0. Il problema si creò in finale con l’Ajax, non c’erano video e non li vedemmo giocare. Eravamo convinti che, battuto il Real Madrid, era fatta. All’andata finì 2-2 a Torino con la mia doppietta, ma giocammo male. Lo 0-0 del ritorno premiò loro. Perdemmo la Coppa Uefa senza mai uscire sconfitti. Al rientro ci accolsero in 10mila all’aeroporto. I tifosi a fine stagione furono lo stesso contenti per il derby vinto 2-0 con la Juve grazie alla mia doppietta".

Rimpianti per la Seleçao?

"Le emozioni in nazionale sono state tante. Nell’86 sono stato capocannoniere delle qualificazioni ai Mondiali del Messico poi però uscimmo ai quarti. Mancava ancora qualcosa a quel Brasile per diventare vincenti".

I l suo gol più bello con l’Ascoli?

"Tutti i gol fatti sono belli. Quello con la Fiorentina, anche se è sembrato quello più difficile, sinceramente è stato quello più semplice per me. Pensare a quel tipo di soluzione non era complicato perché era l’unica cosa che potevo fare in quella situazione. La palla stava uscendo. Ho provato a prenderla per poi controllarla, girarmi e calciare. Ho pensato che potevo provare solo così. L’esecuzione è stata bella".