ANDREA ALESSANDRINI
Cronaca

Il fondatore di Avsi : "I volontari siano liberi da dipendenze politiche"

Il pediatra cattolico presidente di Romagna Solidale: "La disputa sulle Cucine popolari è utile per riflettere sulla gratuità e sul dono alla base di ogni servizio ai bisognosi, per evitare strumentalizzazioni e eliminare il sospetto di secondi fini".

Il pediatra Arturo Alberti, presidente di Romagna Solidale e fondatore di Avsi

Il pediatra Arturo Alberti, presidente di Romagna Solidale e fondatore di Avsi

"La polemica sulle Cucine popolari sviluppatasi dopo l’intervento di Marco Casali mi induce a condividere alcune considerazioni". Lo sostiene il pediatra Arturo Alberti, cattolico, nel movimento di Cl, fondatore di Avsi (1973) e presidente di Romagna Solidale, che dell’arcipelago delle associazioni di volontariato è attore protagonista e attento osservatore.

Dottor Alberti, quale idea si è fatto della controversia tra Fratelli d’Italia e Cucine popolari?

"Credo che in primis occorra essere disponibili a richieste di chiarimenti perché l’impegno delle associazioni di volontariato prevede massima trasparenza e capacità di dare ragione di azioni, obiettivi, metodologie adottate. Non è giusto né costruttivo reagire come se si trattasse di un delitto di lesa maestà".

I toni della disputa le sono parsi sopra le righe?

"Ogni dibattito pubblico, se si supera la passione per il proprio schieramento di appartenenza, conduce a una crescita sociale e a un miglioramento dei servizi offerti a chi è nel bisogno. Tutte le occasioni sono utili anche per approfondire chi è questo volontario di cui tanto si parla".

A quale figura di volontario si riferisce?

"Al volontario caratterizzato da gratuità e dono".

Come declina il concetto di gratuità?

"Nella gratuità ci sono alcuni aspetti decisivi, a partire dalla libertà dall’esito programmato. Il rapporto con le persone può costringere a modificare progetti e programmi. E ancora: la libertà da dipendenze culturali e politiche per evitare strumentalizzazioni ed eliminare secondi fini nascosti nell’espletamento del lavoro. Libertà infine da retribuzioni di qualsiasi tipo: si possono impostare iniziative che prevedono forme di retribuzione, non è niente di scandaloso, ma non possono essere considerate azioni di volontariato".

Il dono. In che modo questa categoria definisce il volontario?

"Il dono caratterizza l’impegno dei volontari: prima di tutto l’esperienza del dono di sé, di un io che si mette in gioco e approfondisce la relazione con l’altro. La persona è un essere in relazione e l’accoglienza caratterizza ogni azione di volontariato. Ci sono svariate forme di dono: della competenza, della creatività, delle risorse economiche ,del tempo libero, della pazienza, della consolazione nei momenti più difficili. Niente di automatico e di scontato nell’affrontare i problemi".

Terzo settore e istituzione pubblica come possono cooperare proficuamente?

"Il tavolo deve avere tre gambe per sostenersi: istituzioni pubbliche, imprese e mondo del volontariato. Serve una corresponsabilità, decisionale, programmatoria e operativa. Senza questa fatica il volontariato si riduce a una funzione ancillare che genera delusione e pessimismo".