LORENZO PEDRINI
Cronaca

Cura covid: dal cortisone alla colchicina. A che punto siamo con i farmaci

Il punto dell'Agenzia Sanitaria e Sociale regionale della Regione Emilia Romagna. "Tanti trial clinici: molte medicine sono efficaci solo su alcuni pazienti e in fasi diverse della malattia". Ecco sa sappiamo

Cure per il covid: continuano gli studi clinici

Cure per il covid: continuano gli studi clinici

Bologna, marzo 2021 – Un anno di investimenti mirati e dedizione alla causa, la lotta al coronavirus, all'interno di uno sforzo scientifico globale che ha pochi precedenti e al quale l'Emilia-Romagna ha dedicato (e dedicherà ancora) le sue migliori energie. Accanto ai buoni risultati di cui stanno dando prova le campagne vaccinali anti-Covid, del resto, la nostra regione ha messo in campo, fin dai primi giorni della pandemia, tutto il meglio degli strumenti e delle professionalità dei suoi medici e ricercatori, impegnati nella ricerca di una cura per l’infezione da Sars-cov2 passata attraverso tentativi, speranze, fallimenti e nuovi cicli di sperimentazioni.

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Utilizzando i finanziamenti giunti, in buona parte, dalle stesse Aziende sanitarie locali, infatti, gli ultimi 12 mesi hanno visto l'avvio, tra Rimini e Piacenza, di 290 studi sulla materia ai quali hanno preso parte 542 centri clinici e la presentazione di 17 trial clinici su diversi farmaci. E, come afferma il direttore dell'Agenzia Sanitaria e Sociale regionale, Maria Luisa Moro, “molti altri ne verranno, nella consapevolezza che ad oggi, nonostante gli sforzi profusi sul versante clinico, le armi che ci restano in mano non sono molte”.

E non lo sono perché, al netto di un contesto locale che lavora sodo e di “seri studi realizzati con un meccanisco nuovissimo, diretto da un unico comitato scientifico (l'Aifa) e sotto l'egida di un unico comitato etico (quello dello 'Spallanzani' di Roma)”, il problema vero è che “molti farmaci possono essere efficaci solo su alcuni gruppi di popolazione e solo in alcune fasi della malattia”.

Come dire che anche la scienza, anzi forse soprattutto la scienza, procede sempre per ipotesi, che possono trovare, a volte, verifiche solamente parziali e che spesso necessitano “di maggiore tempo di quello che abbiamo avuto finora per essere tradotte in armi terapeutiche efficaci”.

Vale la pena, però, in un momento storico in cui “tra tutti gli strumenti, i vaccini sono quelli che hanno incontrovertibilmente dimostrato una protezione ancora più efficace del previsto”, ripercorrere in breve la strada battuta dai nostri ricercatori, a cominciare dai primi studi sui farmaci antivirali, “che parevano validi ma che, poi, non si sono rivelati risolutivi come sperato”.

Da qui, si è passati all'indagine del potenziale anti-Covid di un antimalarico come l'idrossiclorochina (in grado di inibire la replicazione virale), seguito da farmaci usati per combattere la gotta, come la colchicina (buona anche per ridurre l'infiammazione indotta dal Coronavirus), da antibiotici tipici del trattamento delle polmoniti, come i macrolidi, e dal cortisone, che resta utile, nelle parole del direttore Moro, “in fasi non troppo precoci della malattia, per ridurre le conseguenze di complicazioni in alcune categorie di pazienti già ospedalizzati”.

Poi, è stata la volta degli anticorpi monoclonali (quei particolari tipi di anticorpi prodotti a partire da un unico tipo di cellula immunitaria sui quali, pochi mesi fa, si erano riposte grandi speranze), dell'interferone e delle citochine (proteine in grado di legarsi ai recettori delle cellule virali per inibirle), degli studi sul plasma (prelevato dai soggetti guariti e iniettato ai malati) e di quelli sugli antitrombotici (farmaci che limitano gli effetti della polmonite interstiziale da Coronavirus), con risultati che la dottoressa Moro ha definito “spesso variabili e, in alcuni casi, in continua evoluzione”.

Un'evoluzione, in particolare, in divenire proprio sul fronte dei monoclonali, “con una loro somministrazione recentemente autorizzata da Aifa su alcuni pazienti ma, ancora, senza il conforto di dati definitivi”.

Resta però, assieme a vaccini la cui efficacia è confortata da “dati dei trials e risultati di nazioni come Israele”, la consapevolezza che l'Emilia-Romagna continuerà a “spendersi per fare ulteriori progressi”, nella consapevolezza che qui “le aziende sono abituate a fare ricerca e a farla bene, con il risultato di saper gestire meglio di altri eventuali terapie innovative”.

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