L’Emilia-Romagna e la sfida dei Cau: ma con i medici è braccio di ferro

In due mesi attivati 19 centri per l’assistenza urgente: sono nati per eliminare le code al pronto soccorso. Le 900 guardie mediche della regione sono però in lite con Donini. I numeri, i disservizi, i vantaggi

Ma se stai male, cosa fai? E dove vai? È attorno a queste domandine, in apparenza banali ma in realtà complicate, che è partita da un paio di mesi la grande rivoluzione sanitaria dell’Emilia Romagna. Complicate perché se corri al Pronto Soccorso l’attesa è spesso infinita; perché il medico di base c’è e non c’è; perché la Guardia Medica è un’entità che forse non è mai entrata nel cuore dei cittadini; perché puoi chiamare il 118, sì, ma non chiami il 118 se hai una forte emicrania.

L’inaugurazione del primo CAU a Bologna, al Navile, lo scorso 11 dicembre
L’inaugurazione del primo CAU a Bologna, al Navile, lo scorso 11 dicembre

E allora: cosa fai, dove vai? Ci siamo inventati i Cau, che sono in sostanza dei Pronto Soccorso di serie B, riservati ai casi meno gravi (i codici bianchi e verdi), ma non è per nulla semplice per un impiegato che non ha la laurea in Medicina capire cos’ha e dove deve andare a farsi curare. E’ stato stilato un elenco delle prestazioni da Cau: medicazioni e altre prestazioni infermieristiche, lesioni o dolori agli arti, eritemi, punture da insetti, febbre, lombalgia, dolori addominali, lievi traumatismi, ferite superficiali, irritazioni cutanee, dolori articolari o muscolari, coliche, sintomi influenzali, tumefazioni, nausea o vomito.

I Cau in qualche modo sostituiranno poco alla volta le guardie mediche nella gestione delle emergenze. Ma come per ogni rivoluzione che si rispetti, si contano i feriti, gli inevitabili disguidi, le polemiche, i mal di pancia (in senso figurato). Queste strutture sono decollate a inizio novembre: ora ce ne sono 19 e hanno registrato 12mila accessi nel primo mesi di attività (l’84% in orario diurno);, 1 ora e 25 minuti in tempo medio di attesa; l’83% dei pazienti rinviato al medico di base finito il percorso .

Questo il quadro ufficiale, queste le medie. Poi c’è il vissuto quotidiano, minuto per minuto, che è un’altra cosa: c’è il Cau di Casalecchio che è rimasto chiuso la notte di Natale perché non c’era personale (obbligatori un medico e un infermiere); c’è quello di Imola che chiude alle 8 di sera ma che più di una volta, già a metà pomeriggio, ha spedito al Pronto Soccorso i pazienti perché non avrebbe potuto visitarli entro le 20 (e il Pronto Soccorso era invece più o meno vuoto). C’è stato un un paziente morto, a Budrio, davanti all’accettazione del Cau: se n’era andato dal Pronto Soccorso dopo sette ore di attesa.

Brutte storie, poche storie.

La tensione fra i medici (il 66% di quelli dell’Emilia Romagna sogna la pensione anticipata) e il capo della sanità Donini è alle stelle. "Non siamo dei fannulloni"" hanno detto i rappresentanti sindacali delle 900 guardie mediche, che non hanno preso bene una frase dell’assessore che chiedeva una migliore organizzazione del servizio. Il 2023 si chiude così, nel segno dell’incertezza. Nel 2024 i Cau dovrebbero almeno raddoppiare e ci sarà per forza di cose la svolta, sotto forma di successo (speriamo di sì) o di fallimento (speriamo di no). Ma in fondo Cai o non Cau sono parolone da esperti; al cittadino interessa altro, una risposta immediata chiara ed efficace alla domandina di partenza. Se sto male, cosa faccio? E dove vado? Chiediamo risposte sempre più chiare, pazienza, e tanta, tanta umanità.