NICOLA BIANCHI
Cronaca

Il giorno del ricordo: "Diciannove anni senza il nostro Marco. La sua memoria è viva"

La preghiera dove morì, nel punto all’epoca sprovvisto di guardrail. Mamma Antonella: "Il tempo non lenisce, il dolore è sempre peggio. La sicurezza stradale deve essere ’cosa’ di tutti, serve più coraggio".

Il giorno del ricordo: "Diciannove anni  senza il nostro Marco. La sua memoria è viva"

I genitori di Marco (al centro) accanto al cippo di via Raffanello a Baura

’Per non dimenticare mai’, recita la frase sul cippo di via Raffanello a Baura con sopra la faccia di Marco. E chi può dimenticare mai quel ragazzone di 22 anni, che sognava di entrare nelle forze di polizia, inghiottito nelle acque torbide di quel canale all’epoca non protetto da guardrail? Oggi simbolo di tante battaglie, ha dato il nome a due parchi, ma soprattutto ha messo a nudo l’incapacità di uno Stato nel proteggere gli utenti della strada, checché ne dicano le sentenze. Ieri erano 19 anni esatti dalla tragedia e i genitori, Antonella e Daniela con alcuni amici, come ogni anniversario erano lì ad abbracciare il cippo per un momento di preghiera. "Si dice che il tempo – sussurra la mamma – lenisce le ferite, invece non è vero. Il tempo ti dà consapevolezza, le cicatrici induriscono, ma le ferite restano tali. Anzi, è sempre peggio, più tempo passa, più il dolore aumenta perché ogni giorno ne hai uno in più di sofferenza. E un dolore del genere lo puoi solo subire e mai accettare. Come se la vita ti avesse fatto scacco matto e tu sei lì con gli occhi sgranati ad osservare impotente".

Ma di cose, in questi 19 anni, lei e Daniele ne avete fatte tantissime: c’è un libro (’La strada di Marco’), ci sono lezioni sulla sicurezza stradale nelle scuole, ci sono due parchi a Ferrara e Tamara, manifestazioni e una lotta andata avanti fino a Strasburgo...

"Perché devi dare un senso a quello che è stata la persona e a ciò che vuoi fare del ricordo".

Sulla sicurezza stradale da quel 9 settembre 2005 a oggi tanto è stato fatto, ma ancora non basta non crede?

"Penso al Codice della strada da poco cambiato e mi chiedo: quanti di noi conoscono tutte le nuove regole?".

Ben pochi, giusto?

"Esatto. E allora perché non fare incontri ad hoc dalle scuole ai centro sociali, ovvero laddove ci sono persone che guidano? Noi abbiamo avuto questo coraggio-incoscienza di andare fino a Strasburgo per avere giustizia su quello che è successo, vuol dire che ci abbiamo fortemente creduto mentre tutti gli altri ne stanno alla larga".

Cosa intende?

"Che la sicurezza stradale non deve essere un baluardo lasciato nelle mani dei potenti e di chi dirige, ma gli stessi cittadini devono essere più determinati. Ora c’è molta più attenzione sulla sicurezza stradale, ma serve più coraggio da parte di tutti. Se non avessi lottato, mi sentirei una brutta donna e oggi mi direi: ’Caro Marco, non ti volevo mica così bene’".

Diciannove anni dopo, rifarebbe tutto?

"Con il senno di poi, visto che abbiamo perso tutto e su tutti i fronti, magari qualche scelta diversa forse la farei. Ma rifarei ogni passo, con la stessa determinazione perché Marco meritava questo ed altro, aveva fiducia nella giustizia e sulla giustizia era programmata la sua vita. Mi diceva che nel mondo c’era troppo male e voleva combatterne almeno un pochino. Di fronte a ciò, dovevo restare ferma sul divano? Marco non è un ricordo, Marco è qui".

Il prossimo anno ricorrerà il ventennale e sono certo che lei ha già in mente tanti progetti. Mi sbaglio?

"Ho tante idee (ride, ndr), ma adesso è presto per svelarle. Avremo tempo...".