Da ’renziano di ferro’ a uno dei più critici oppositori del ’campo largo’, Luigi Marattin, oggi deputato del Gruppo Misto dopo aver lasciato Italia Viva e il suo leader, sarà nella ’sua’ Ferrara l’8 novembre per presentare il suo libro (vedi box).
Dopo l’uscita da IV l’hanno sentita dire che presto tornerà a fare il professore universitario: la pensa davvero così o è un modo per esorcizzare?
"Lo dico parafrasando Jep Gambardella: “la più consistente scoperta che ho fatto, dopo aver compiuto 25 anni di politica, e che non voglio più perdere tempo dietro a progetti politici che non ho realmente voglia di seguire”. Piuttosto preferisco tornare al mio lavoro o fare altro".
È fresco di stampa il suo ‘La missione possibile. La costruzione di un partito liberal-democratico e riformatore’ (Rubbettino). C’è spazio, in un agone politico sempre più polarizzato, per la formazione di una realtà come quella che lei ha in mente?
"È questo l’unico progetto politico di cui sono convinto. Questo bipolarismo è trainato dagli estremismi, e fornisce spiegazioni inutili e ideologiche alla domanda fondamentale, e cioè “come mai da quando è iniziata la globalizzazione siamo il paese al mondo che è cresciuto di meno?”. Sbagliano la diagnosi, e quindi non potranno mai fornire la terapia giusta. C’è un pezzo di Italia che non si sente rappresentata, e infatti ha smesso di votare. Oppure da troppo tempo votano la cosa meno lontana: è ora che abbiano la possibilità di votare la cosa a loro più vicina".
Uscendo da Italia Viva, ha fondato l’associazione Orizzonti liberali. Cos’è, al momento, e soprattutto cosa diventerà?
"Un’associazione che in pochi giorni ha fatto mille iscritti, in tutta Italia e con una classe dirigente giovane e già esperta. Assieme ad altre realtà – la cui lista aumenta ogni giorno – vogliamo riaprire il cantiere per un partito liberal-democratico e riformatore. La prima tappa sarà a Milano il 23 e 24 novembre".
Renzi lo sente ancora o la frattura politica ha portato a una collisione deflagrante?
"Figuriamoci. Il nostro dissenso è stato di natura politica, e alla luce del sole. L’altro giorno gli ho regalato una copia del mio libro. Gli ho consigliato però di di leggerlo con attenzione".
Il testo della Manovra è arrivato alla Camera, ora si entra nel vivo della discussione. Come valuta il documento economico alla luce - da un lato - della procedura di infrazione europea e dell’altro dell’oggettiva esiguità di risorse disponibili?
"Il compito principale era rendere strutturale il taglio fiscale dell’anno scorso e del governo Draghi. E ci sono riusciti, due terzi della manovra sono dedicati a quello. Ci sono anche diverse altre cose buone. Ma anche tante cose incomprensibili. L’aumento delle tasse su criptovalute e PMI digitali, in tutto darà solo 68 milioni per lo Stato. A che scopo? Per non parlare dell’aumento di tasse sulle auto aziendali a benzina e diesel, un provvedimento che mi sarei aspettato da Bonelli e Fratoianni. Il drastico taglio dell’ecobonus, o l’aumento del canone Rai. E poi rimane il problema principale: oggi uno che guadagna 2.450 euro ha un’aliquota (il 45%, tra stato e enti locali) che all’estero hanno i milionari. Non so fino a che punto si voglia tirare la corda col ceto medio".
Sulla politica estera, in particolare per il Medio Oriente, la sua posizione è molto netta a favore di Israele. Quali scenari andranno a delinearsi in quell’area e quale potrà essere il ruolo di governo e diplomazia italiani? Come valuta le ambiguità del PD anche sul ritorno dell’ antisemitismo e sulle manifestazioni pro pal?
"La pace in quell’area si raggiungerà solo quando ricorreranno due condizioni: l’emergere di una leadership palestinese come quella che fu Nelson Mandela per i sudafricani, e l’accordo tra Israele e Arabia Saudita sulla soluzione “due popoli e due stati”. Sarebbe anche utile la liberazione dell’Iran, dove da anni coraggiosi giovani che non chiedono altro che libertà vengono imprigionati e uccisi. Sulle ambiguità della sinistra, provo solo imbarazzo. In politica estera emerge tutta la confusione del Campo Largo: due settimane fa in parlamento, quando se ne discuteva, hanno presentato ben sei risoluzioni distinte".
È possibile immaginare un approdo locale di Orizzonti liberali? Dopo il fallimentare progetto di candidatura civica a Ferrara, avete in mente di lavorare per il 2029?
"Per il 2029 spero sarà da tempo a regime in Italia un partito liberal-democratico e riformatore, lontano da populismi e conservatorismi. Chi lo guiderà a Ferrara potrà prendere le decisioni più sagge e utili per questa comunità".
E’ contento del risultato delle elezioni in Liguria?
"Do un giudizio positivo. Ha perso il Campo Largo, pur avendo tutte le condizioni per vincere: ma ammucchiate dove dentro c’è tutto e il suo contrario non piacciono più, per fortuna. E ha perso il centrodestra sovranista: la Lega ha dimezzato i voti rispetto alle ultime regionali, e FdI ha preso la metà dei voti del Pd. Ha vinto invece un candidato civico e liberaldemocratico".