
La prossima udienza per il legale è stata fissata per il 30 settembre
Si sarebbe fatto corrispondere oltre 400mila euro, in meno di tre anni, a fronte di un preventivo onorari di 15mila euro sottoscritto con il cliente. Con "artifizi e raggiri", attraverso acconti, anticipi e "non meglio indicate spese legali". Un altro guaio giudiziario per l’avvocato Alfredo Zucchi, ieri davanti al giudice Sandra Lepore nella predibattimentale che lo vede chiamato in causa dalla Procura con l’accusa di aver truffato un imprenditore comacchiese. A febbraio il legale aveva patteggiato un anno e quattro mesi (con la non menzione e la sospensione della pena) per aver ’gonfiato’ le parcelle per la propria attività di amministratore di sostegno di una persona invalida, arrivando – questa era l’accusa – ad intascarsi oltre 133mila euro (che non dovrà risarcire).
Ora Zucchi dovrà difendersi da un altro macigno, messo nero su bianco nel decreto di citazione diretta firmato dal pm Stefano Longhi. L’ipotesi di reato è ancora di truffa, dopo l’esposto di un imprenditore di Porto Garibaldi, rappresentato dagli avvocati Giacomo Forlani e Samuele Bellotti che ieri si sono costituiti parte civile. Zucchi, "agendo nella sua veste di avvocato", recita il capo di imputazione, dopo essere stato incaricato per un recupero crediti di 99.700 euro, relativo a un procedimento di esecuzione immobiliare, "abusando del rapporto di fiducia instaurato con il cliente", con "artifizi e raggiri", tra ottobre 2018 e gennaio 2022, si sarebbe fatto corrispondere 403.973 euro. Una "somma – scrive il pubblico ministero – del tutto esorbitante rispetto al preventivo onorari di 15mila euro" sottoscritta con l’imprenditore, priva di "qualsivoglia ragionevole giustificazione" in relazione alla necessità di "destinarla al pagamento dei costi di procedura". Un "ingiusto profitto", secondo l’accusa, tra bonifici, assegni e contanti, che sarebbe stato corrisposto "con cadenza di almeno una volta a settimana". Parte opposta, la difesa – gli avvocati Dario Bolognesi e Antonio Vesce – ha richiesto al giudice la messa alla prova, al momento ’congelata’ per il mancato principio del risarcimento, con i lavori in aula rinviati al 30 settembre.
Nel precedente procedimento, il pm Ciro Alberto Savino riqualificò l’iniziato ipotesi di reato di peculato in truffa aggravata. Quella, cioè, di aver ‘gonfiato’ le parcelle – tramite compensi ritenuti dagli inquirenti spropositati rispetto ai tariffari forensi e a lui non dovuti – per la propria attività di amministratore di sostegno di una persona invalida, pari a 133mila euro nel periodo 2017-2018.
Nicola Bianchi