Fine vita, delibera nel mirino: "Suicidio assistito? Negli hospice con le cure c’è chi cambia idea"

Il medico forlivese Maltoni: "Come palliativisti abbiamo spiegato che le terapie sono un’alternativa concreta"

Forlì, 18 marzo 2024 – Quarantadue giorni: questo il tempo per richiedere il suicidio medicalmente assistito per i malati dell’Emilia-Romagna. A inizio febbraio, infatti, la Regione ha completato il percorso per l’applicazione della sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale affinché possa essere garantito il diritto al paziente di congedarsi dalla vita nel rispetto della sua volontà. Il provvedimento regionale ha acceso il dibattito sull’eticità della proposta creando due fronti opposti: chi sostiene sia un diritto all’autodeterminazione e chi punta a rafforzare la rete di cure palliative. Tra questi anche il medico palliativista forlivese Marco Cesare Maltoni.

Marco Cesare Maltoni, esperto di cure palliative dell’hospice di Forlimpopoli
Marco Cesare Maltoni, esperto di cure palliative dell’hospice di Forlimpopoli

Maltoni, la delibera della giunta regionale fa riferimento a una specifica sentenza della Corte Costituzionale, cosa prevede questa ordinanza?

"Il codice penale vieta l’aiuto al suicidio, ma la sentenza 242 del 2019 ha deciso la non punibilità in presenza di quattro condizioni: che la persona sia capace di prendere decisioni consapevoli; che sia affetta da una patologia irreversibile; che questa sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; che il paziente sia tenuto in vita a mezzo di trattamenti di sostegno".

La nostra Regione ha fatto uno ‘scatto in avanti’ rispetto ad altre, cosa ne pensa?

"Senza una norma nazionale, il rischio è di avere tante leggi regionali con una frammentazione nei servizi garantiti nel Paese. Ci sono, in particolare, alcuni punti della decisione intrapresa dall’Emilia-Romagna che suscitano dubbi".

Quali?

"Per valutare le richieste di suicidio assistito, la Regione ha istituito il Comitato regionale per l’Etica nella Clinica - Corec sulla base di criteri autodefiniti anziché seguire le linee guida del Comitato nazionale per la Bioetica. Il secondo punto è la scelta dello strumento legislativo: si è preferito utilizzare una procedura tecnico-amministrativa come una delibera di giunta bypassando la discussione in consiglio regionale; questo gesto ha svuotato il dibattito attorno a questo tema. Può una cosa così importante essere normata da un procedimento amministrativo?".

Come si pongono i palliativisti di fronte al suicidio assistito?

"Come palliativisti della Regione abbiamo reso pubblico un documento che spiega come le terapie palliative possono essere un sollievo concreto e una valida alternativa al suicidio assistito. Il Corec ha avanzato la proposta di eseguire la pratica negli hospice, ma questi sono luoghi di cura dove si accompagna il paziente, e i suoi familiari, fino alla fine. Inoltre, alcuni studi dimostrano che anche nei malati con il desiderio di congedarsi dalla vita anzitempo, se adeguatamente assistiti con cure palliative, nei sei mesi successivi la loro opinione cambia in un numero elevato di casi; quindi, i 42 giorni previsti dalla Regione sembrano veramente pochi".

L’hospice è circondato da uno stigma difficile da superare, quello di luogo di morte, come superare questo pregiudizio?

"Questa è una concezione antica perché la degenza in hospice non è una sentenza di morte, anzi spesso attiviamo ricoveri chiamati ‘di sollievo’ per aiutare le famiglie a gestire un sintomo acuto e una volta risolto il malato può rientrare a casa. Inoltre, negli hospice di Forlimpopoli e Dovadola abbiamo attività di musicoterapia, letture guidate, fisioterapia, aromaterapia e massaggio terapeutico. Nel 2023, abbiamo avuto 867 pazienti oncologici e non".