Fame di manodopera: le coop prevedono tremila nuove assunzioni

Legacoop e Federcoop Romagna stimano un sensibile aumento delle assunzioni per il prossimo semestre nelle aziende romagnole

Un operaio al lavoro in un’azienda metalmeccanica. Le imprese lamentano la carenza di figure professionali specializzate

Un operaio al lavoro in un’azienda metalmeccanica. Le imprese lamentano la carenza di figure professionali specializzate

Forlì, 27 settembre 2023 – L’esigenza di manodopera da parte delle imprese locali si fa sempre più pressante. Legacoop Romagna stima che nel prossimo semestre le aziende associate avranno necessità di ricoprire 3.300 nuovi posti di lavoro.

Il trend è in crescita, secondo una rilevazione del centro studi di Legacoop e Federcoop Romagna su un campione di 100 aziende (sulle 400 aderenti), con incremento di oltre il 15% delle assunzioni attese rispetto all’ottobre del 2022. Tra i 3.300 potenziali nuovi assunti del 2023 la parte del leone la fa il settore Servizi (46%), seguito da Produzione (edilizia e industriali, 26%), Sociali (21%), Agroalimentare (6%) e Culturmedia (1%).

L’indagine dell’associazione delle cooperative evidenzia che in generale prosegue la diffusa difficoltà a reperire personale, specializzato e non. Le preoccupazioni principali rispetto alle nuove assunzioni riguardano proprio la mancanza cronica di figure professionali (41%), ma anche il costo del lavoro e l’incertezza sui nuovi istituti che potrebbero affacciarsi nell’ordinamento (23%), l’inflazione (10%), la crisi energetica e le tensioni politiche internazionali (9%), il mancato riconoscimento degli aumenti contrattuali da parte delle stazioni appaltanti (6%).

Per la prima volta l’Osservatorio cooperativo ha raccolto anche i dati relativi ai contratti di lavoro, nuovi e cessati, effettivamente firmati dalle cooperative nei primi mesi dell’anno.

Mentre a livello nazionale si inizia a registrare una contrazione dell’aumento dell’occupazione e della crescita del Pil, da gennaio ad agosto 2023 le cooperative di Legacoop Romagna hanno assunto 7.532 nuovi lavoratori, prevalentemente nei settori Agroalimentare (52%), Servizi (29%) e sociali (12%), con circa il 30% di laureati e diplomati. Il 57% è avvenuto a Forlì-Cesena, il 38% a Ravenna, il resto nel riminese.

Le cooperative hanno assunto persone di tutte le età, con un 25% oltre i 51 anni e una percentuale analoga dai 18 ai 29. In 6 casi su 10 l’assunzione è avvenuta a tempo determinato. Tra i nuovi dati prevalgono le donne. Le cessazioni (incluse quelle relative ai pensionamenti) nello stesso periodo sono state 4.543, con un saldo positivo di 2.989 unità, quasi per metà nel settore servizi. Le dimissioni volontarie sono state 1.449, quasi una su tre, un dato che fa riflettere rispetto a un fenomeno iniziato con la pandemia (la cosiddetta ‘great resignation’) che non accenna a contrarsi.

"L’attività del nostro Centro studi — dice la responsabile Simona Benedetti — si concentra sulle tematiche che le cooperative segnalano come più importanti e l’andamento del mercato del lavoro è sicuramente tra i temi più sentiti. Un dato che emerge è che le cooperative hanno una forte capacità attrattiva nei confronti dei giovani, grazie anche ai forti investimenti in formazione continua, ma per trattenere i talenti dobbiamo essere capaci di offrire percorsi di crescita chiari e personalizzati".

"Apparentemente i dati di questa edizione dell’Osservatorio sono molto positivi — spiega il presidente di Legacoop Romagna, Paolo Lucchi —, ma ci sono due temi che emergono chiaramente dal confronto con le cooperative. Il primo è quello della remunerazione del lavoro: il salario minimo è solo un pezzo della risposta, servono segnali forti sui contratti collettivi e sul costo della vita, sia da parte del governo che da parte dei committenti pubblici e privati. Il secondo è quello della difficoltà a reperire personale. L’immigrazione può essere una risorsa? Sì, se si ha il coraggio di governarla, garantendo formazione, percorsi di integrazione, una nuova politica della casa, una rete di servizi efficace. L’alternativa è quella di negare l’evidenza, e cioè il bisogno di nuovi lavoratori, lasciando solo spazio a posizioni xenofobe, se non dichiaratamente razziste".