
Mario Ruffini, 74 anni, alle prese con una Ford T del 1926, prima auto costruita con la catena di montaggio a Detroit (foto Pierpaolo Calavita)
Macerata, 8 dicembre 2024 – La sua officina è una tappa quasi obbligata quando un’auto d’epoca ha bisogno di un pit stop per essere rimessa in sesto. Qui, per esempio, bussò l’imprenditore giapponese che l’anno scorso, durante la Mille Miglia, passando dietro al Duomo di Macerata ruppe il semiasse della sua Stanguellini da un milione di euro. L’officina – in via Trento – è quella di Mario Ruffini, maceratese di 74 anni, una vera e propria istituzione per i collezionisti di auto d’epoca.
Dopo la pensione, ha deciso di darci un taglio con le auto moderne, dedicandosi solo ai bolidi di ieri. Niente computer per analizzare i problemi di elettronica dei motori di ultima generazione, ma solo orecchio, mani e qualche attrezzo del mestiere. Come una volta: tutta meccanica e zero elettronica. “Il tempo è mio alleato, mi aiuta a ingegnarmi: questo è un lavoro lento. Non mi è mai successo di non riuscire a riparare qualcosa”, dice Ruffini. Nell’officina c’è un fascino d’altri tempi: oltre ai motori d’epoca esposti, giorni fa erano in riparazione una Lancia Appia Coupé degli anni Sessanta, una Fiat 850 e una Ford T del 1926, la prima auto costruita con la catena di montaggio a Detroit, in America.

“In provincia – dice Ruffini, che è anche un ex pilota – sono pochissimi quelli che fanno certi lavori, i ventenni di oggi non saprebbero dove mettere le mani. E nessuno è mai venuto a chiedermi di insegnargli il mestiere. I motori delle auto di oggi non si riparano, si sostituiscono: i colleghi non hanno più neanche il cavalletto su cui appoggiare il motore una volta smontato”. Invece del computer, tra gli strumenti del mestiere c’è per esempio un diagramma, che serve a calcolare i gradi per il motore e vedere se gli ingranaggi sono a posto. “I clienti sono soprattutto del posto, si tratta per lo più di appassionati – aggiunge Ruffini –. Tra questi ci sono anche dei ragazzi, per esempio uno studente universitario di Trento, che viaggia con una Lancia Fulvia del 1970. Ma sono auto difficili da guidare: alcune hanno l’acceleratore a mano o l’avviamento tra i sedili, e il posto del guidatore spesso è scomodo, perché i signori un tempo stavano sui sedili posteriori. Queste auto fanno pochissimi chilometri l’anno, tanto che tra i difetti più ricorrenti ci sono i freni bloccati per l’inattività. Faccio questo lavoro da quando avevo 15 anni: ho iniziato nel 1965 alla Vam in via dei Velini; poi nel 1978 è arrivata la Fratelli Ruffini in via Ancona, quindi nel 1989 mi sono trasferito qui”.
Negli anni di gioielli della motoristica ne sono passati diversi in questa officina, ma un caso a parte è quello di un imprenditore giapponese. “Partecipava alla Mille Miglia con una Stanguellini degli anni Cinquanta, un’auto unica, che avrà un valore di un milione di euro – racconta Ruffini –. Durante il passaggio a Macerata, dietro al Duomo, si è rotto il semiasse. Ebbene, il proprietario ha mandato il suo pilota a Firenze per rimediare il pezzo, me lo ha portato e io ho riparato l’auto. Ho lavorato tutta la notte per fargliela trovare pronta al mattino, quando poi è ripartito”.