Nozze forzate a Modena, un incubo: picchiata e minacciata, c’è il divieto di avvicinarla

I quattro indagati per maltrattamenti nei confronti di una 19enne indiana sono i genitori, la nonna e la zia. Il giudice: "Stiano lontani anche dal fidanzato"

Ragazza indiana perseguitata dalla famiglia, il giudice: statele lontani

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Modena, 7 maggio 2023 – Dovranno mantenere una distanza di almeno trecento metri dalla vittima e dal suo fidanzato, altrimenti scatterà l’aggravamento della misura. Inoltre non potranno mettersi in contatto in alcun modo con la coppia. E’ quanto disposto dal giudice Andrea Scarpa, su richiesta della Procura di Modena nei confronti dei quattro indagati, ovvero genitori, nonna e zia per i maltrattamenti nei confronti della studentessa indiana di 19 anni, residente nel Modenese e sottoposta a sevizie poiché si è innamorata di un connazionale 23enne.

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Secondo la famiglia d’origine, infatti, la giovane era stata già promessa in sposa. "Ammazziamo te e il tuo ragazzo", le avevano promesso il padre e la zia, tanto che la 19enne aveva deciso di denunciare i parenti, temendo per la propria incolumità e per quella del ragazzo. I genitori di 44 e 47 anni, la zia paterna di 40 e la nonna 70enne sono tutti accusati di maltrattamenti in concorso: secondo la Procura avevano posto la vittima in uno stato di prostrazione, percuotendola in più occasioni, tenendola due giorni segregata in casa a digiuno, minacciandola ripetutamente di uccidere lei ed il suo fidanzato. La giovane è stata subito trasferita in un luogo sicuro grazie ad una grande rete di solidarietà e all’avvocato Barbara Iannuccelli. La prima a presentare denuncia, lo scorso 13 aprile era stata la preside del centro di formazione che la 19enne frequenta nel Bolognese. La dirigente, per sincerarsi che alla giovane studentessa non accadesse nulla, l’aveva anche ospitata a casa quella notte dal momento che nell’immediatezza non erano state reperite strutture libere.

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L’allieva si era rivolta infatti il giorno prima alla propria tutor, spiegando che il padre aveva scoperto che si era innamorata di un ragazzo indiano di ventitré anni che viveva a Reggio Emilia e che si era adirato perché lei era "promessa sposa" di un’altra persona. La vittima aveva quindi mostrato alcuni segni che aveva sul collo. L’intera famiglia si era opposta alla relazione e aveva iniziato a picchiarla, arrivando a prenderla a calci in faccia e a somministrarle latte con dentro probabilmente sostanze che l’avevano fatta addormentare. La 19enne aveva sentito il padre pronunciare le parole "dobbiamo uccidere anche il suo ragazzo, pagheremo qualcuno per farlo". Il padre le aveva quindi comunicato che ad agosto sarebbe dovuta partire per l’India "per forza", perché là la "avrebbe uccisa". Nel firmare la misura il giudice A fa presente come "la gravità delle condotte poste in essere dal gruppo di indagati sia indicativa di una volontà impositrice di un modello culturale che non ha spazio nella nostra società".