
Una motivazione “decisamente eccentrica ed erronea”. Soprattutto in un punto: il parallelismo tra “il delitto tentato” e “la non compatibilità con il dolo eventuale”. In una sola frase: la sentenza di assoluzione va annullata e il caso va rinviato “al giudice competente per l’appello”. Attraverso una requisitoria con conclusioni scritte, il sostituto procuratore generale (pg) Mariella De Masellis ha insomma chiesto alla Corte di Cassazione di bocciare l’assoluzione lampo pronunciata il 15 novembre 2021 dalla corte d’assise di Ravenna per il 73enne Giuseppe Re, di origine siciliana ma residente a Bologna, e per la 67enne Cinzia Castellani, originaria di Copparo ma residente a Fusignano. I due, in qualità di primario e caposala al tempo dei fatti, sono accusati dell’omicidio, con dolo eventuale, della paziente 78enne Rosa Calderoni di Russi morta l’8 aprile del 2014 a poche ore dal ricovero all’ospedale ’Umberto I’ di Lugo (i due figli sono costituiti parte civile con gli avvocati Maria Grazia Russo e Marco Martines). Per la procura di Ravenna, pur a fronte dei tanti campanelli di allarme, non avevano cioè adottato tutti gli accorgimenti necessari a impedire all’allora infermiera Daniela Poggiali di uccidere la paziente con una iniezione di potassio: scenario che ha visto una condanna della 50enne in primo grado all’ergastolo seguita da due assoluzioni in appello sconfessate da altrettante cassazioni: il terzo appello il 25 ottobre 2021, si era chiuso con un’ulteriore assoluzione (si è in attesa di ulteriore cassazione). Il 15 novembre scorso insomma per ex primario ed ex caposala, dopo vari rinvii, si ripartiva da qui. Il presidente della corte Michele Leoni, dopo breve camera di consiglio, a sorpresa era uscito con un’assoluzione pronunciata ancora prima dell’avvio del processo quindi solo sulla base dell’analisi del capo d’imputazione. Nelle motivazioni aveva poi chiarito che “dalla lettura delle norme di settore, si capisce chiaramente che non era nel potere dei due imputati rimuovere la Poggiali”. Al massimo avrebbero potuto “segnalarla agli organi disciplinari o all’autorità giudiziaria”. Ma anche così, non vi sarebbe stata certezza “che gli organi disciplinari avrebbero rimosso” quell’infermiera “e nemmeno che avrebbero attivato un procedimento disciplinare nei suoi confronti”. Era seguito ricorso in cassazione del pm Angela Scorza la quale aveva lamentato tra le altre cose una “erronea applicazione della legge penale” a partire dalla “posizione di garanzia” rivestita dai due imputati. Tesi accolta dal pg. La decisione degli Ermellini è attesa a giorni.
Andrea Colombari