ANDREA COLOMBARI
Cronaca

"Certificati fasulli". Confermato lo stop a funzionaria del tribunale e indagine chiusa

Il Riesame ha detto no alla richiesta di annullare l’interdizione per un anno. A questo punto si va verso la richiesta di rinvio a giudizio del pm.

Il Riesame ha detto no alla richiesta di annullare l’interdizione per un anno. A questo punto si va verso la richiesta di rinvio a giudizio del pm.

Il Riesame ha detto no alla richiesta di annullare l’interdizione per un anno. A questo punto si va verso la richiesta di rinvio a giudizio del pm.

Da una parte il Riesame di Bologna ha detto picche alla richiesta della difesa di annullare l’ordinanza cautelare coercitiva confermando così la sospensione dal lavoro per un anno. E dall’altra la procura di Ravenna ha chiuso l’indagine a suo carico confermando in buona sostanza - se non aggiungendo ulteriori dettagli - le accuse formulate a caldo.

Protagonista della singolare vicenda, è una funzionaria giudiziaria del tribunale di Ravenna - una 60enne nata a Roma e residente a Reggio Calabria - entrata in servizio il 22 ottobre 2022. Secondo le indagini coordinate dal pm Daniele Barberini, la donna - difesa dall’avvocato Carlotta Benini - in poco tempo aveva accumulato decine di assenze ritenute ingiustificate. Perché erano sì coperte da certificati medici: ma per gli inquirenti, si trattava di vecchie attestazioni riciclate o di certificati ricavati da moduli da lei compilati e corredati di timbri grazie a software. In totale, come aveva sintetizzato il gip Andrea Galanti nella sua ordinanza, 59 giornate tra il 25 ottobre 2022 e il 25 luglio 2024 - per un danno stimato in circa 4.500 euro.

I controlli eseguiti dai carabinieri ravennati in collaborazione con i colleghi capitolini nelle cliniche romane citate nei certificati, avevano nella maggior parte dei casi smentito i documenti esibiti dalla funzionaria. La misura interdittiva era stata vergata a metà febbraio scorso per le ipotesi di reato di falso e di truffa continuata e aggravata in quanto ai danni dello Stato. La 60enne da parte sua non si era presentata all’interrogatorio preventivo adducendo motivi di salute: un impedimento ritenuto tuttavia non legittimo dal gip.

L’indagine era scattata da una segnalazione datata aprile 2024 partita dallo stesso tribunale a fronte di 62 giornate di assenza in pochi mesi. I primi dubbi erano sorti perché alcuni documenti che avrebbero dovuto giustificare l’assenza dal lavoro per ricoveri in day hospital, non avevano trovato riscontro alle verifiche della funzionaria dirigente del personale del tribunale. Le cliniche interpellate, non avevano riconosciuto le certificazioni nelle date indicate. I militari si erano allora recati di persona con in mano gli ordini di esibizione a firma del procuratore. Nel primo ospedale interpellato, era emerso che rispetto ai 33 accessi documentati dall’indagata, per 32 non c’era stata nessuna prestazione. Situazione analoga era emersa per un’altra struttura romana: 15 i certificati ma nessuna prestazione effettuata. In questo frangente, una dottoressa che probabilmente aveva visitato la 60enne, aveva riconosciuto l’attestazione a sua firma ma aveva precisato di non avere inserito lei la dicitura "day hospital"; lo stesso per il timbro e la firma che comparivano nel documento: tanto che alla fine era arrivata a fare denuncia contro ignoti. Altri medici nel corso delle indagini avevano poi compiuto obiezioni analoghe anche se per un numero di certificati minore.

A suo tempo nel corso dell’audizione, la sospettata aveva ricordato solo il nome di uno dei medici delle visite. E nell’interrogatorio si era ripromessa di andare nelle strutture che l’avevano presa in cura, per rintracciare la documentazione. Ma perlomeno nei mesi successivi - aveva annotato il gip - non aveva comunicato nulla salvo precisare a ottobre di essersi infortunata a causa di una caduta.

Andrea Colombari