
All’uomo la Finanza aveva sequestrato conti correnti e la quota del fondo nel quale versava i nfondi per la pensione
Era accusato di avere usato fatture false. Una vicenda giudiziaria quella di un ex imprenditore 55enne di Massa Lombarda che si era intrecciata anche con il celeberrimo procedimento ’Aemilia’ per infiltrazioni di ’ndrangheta in regione. E che nei giorni scorsi, a fronte di una richiesta di condanna della procura a due anni e tre mesi di reclusione, davanti al giudice Natalia Finzi si è conclusa con la dichiarata prescrizione per l’imputazione meno recente e con l’assoluzione delle altre due imputazioni pronunciata attraverso il “II comma“ (prova insufficiente o contraddittoria). Il difensore - l’avvocato Raffaele Coletta -, non appena la decisione passerà in giudicato, si è ripromesso di chiedere l’annullamento dell’interdittiva antimafia a suo tempo emanata dalla prefettura di Bologna per l’attività del 55enne, e dei pignoramenti dell’Agenzia della Entrate.
Secondo quanto tratteggiato dalla difesa in arringa, nel 2012 l’imputato, titolare di ditta individuale, aveva conosciuto un imprenditore calabrese legale rappresentante di alcune società di lavori edili: con lui aveva stipulato alcuni contratti di subappalto per un grosso cantiere nell’ imolese. In parte aveva eseguito direttamente i lavori e in parte aveva ceduto mansioni a terzi in subappalto. Per i lavori eseguiti - ha proseguito la difesa - erano state emesse fatture da diverse migliaia di euro pagate dall’imprenditore massese con bonifici dopo avere accertato il rilascio del durc, il documento che attesta la regolarità contributiva verso Inps, Inail e casse edili.
Le fatture dei pagamenti erano state portate in detrazione in contabilità: di conseguenza i ricavi si erano abbassati di alcune decine di migliaia di euro con successivo minore esborso degli oneri fiscali.
Nel 2018 l’imprenditore calabrese era stato indagato nell’ambito del fascicolo “Aemilia“: una volta sentito dalla procura reggiana, aveva dichiarato di avere emesso fatture sia false che per lavori realmente eseguiti; e che la contabilità dal 2012 in poi era andata distrutta.
Sul presupposto dell’emissione delle fatture false emesse da diverse società cartiere, gli inquirenti nel 2020 avevano indagano l’imprenditore massese e altri due piccoli imprenditori della Bassa Romagna per uso di fatture false o inesistenti. In breve al 55enne era stato notificato un decreto di sequestro preventivo con conseguente blocco di tutti i conti correnti e della quota del fondo nel quale versava i fondi per la pensione. Era stata inoltre sequestrata la sua quota di proprietà della casa coniugale ed erano stati bloccati i conti correnti della moglie e dell’ attività commerciale del figlio. La prefettura di Bologna aveva emesso una interdittiva per rischio di infiltrazione mafia sulla sua società: poco dopo il 55enne aveva deciso di chiuderla non potendo più stipulare contratti. Allora, attraverso il proprio commercialista, aveva consegnato agli inquirenti tutta la documentazione di possibile interesse probatorio in suo possesso: contratti, fatture, pagamenti, attestati durc. ma era stato lo stesso rinviato a giudizio: e nel 2022 era partito il processo a suo carico.
Anche l’Agenzia delle Entrate era intervenuta con pignoramenti dello stipendio e sul conto contestando all’imprenditore massese un mancato pagamento di oltre 220 mila euro. A fronte di diverse diverse udienze nelle quali sono stati prodotti numerosi documenti, sentiti gli investigatori, il commercialista, vari testi e soprattutto l’imprenditore calabrese, alla fine è stata pronunciata sentenza di assoluzione. Il giudice ha inoltre disposto il dissequestro con restituzione di tutti i beni sequestrati in via preventiva del 55enne. L’imprenditore - ha infine sottolineato il suo legale - "dopo la chiusura della propria ditta, è stato costretto a trovare lavoro come dipendente". Ora "alla felicità per il risultato ottenuto, si contrappone l’amarezza per avere avuto un marchio infamante per 5 anni, per avere perso la ditta e per i conseguenti ingenti danni economici per sé e la famiglia".