
Alberto Bertoli stasera si esibirà a Fiorano in piazza Matteotti con i Tazenda
C’è un filo eterno e indissolubile che unisce il cantautore e musicista sassolese Alberto Bertoli a suo padre, il cantautore Pierangelo scomparso nel 2002. Il loro è un legame resistente al tempo, alle mode, all’effimero, alimentato dalle idee e dalla musica che hanno sempre condiviso. E proprio in onore del padre, figura emblematica della canzone d’autore italiana dagli anni Settanta ai primi anni 2000, il figlio Alberto questa sera, sabato 31 maggio, alle 21 salirà sul palco di piazza Matteotti a Fiorano Modenese con i Tazenda con il concerto ‘Cercando la luna, cercando’.
Alberto, cosa rappresenta per lei la musica?
"La musica è sempre stata la mia vita, la mia aspirazione. È eterna, un ‘qualcosa’ che ancora non sono riuscito a spiegare. È un modo per esprimersi e per suscitare le emozioni; un linguaggio che trascende la parte verbale e che abbatte barriere che le parole non sono in grado far crollare, arrivando diretta alle persone".
Pensando alla portata anche ‘sociale’ della musica, viene subito alla mente ‘Spunta la luna dal monte’, di suo padre e dei Tazenda. Una canzone che è un inno intramontabile: secondo lei, a cosa è dovuto tanto successo?
"La tempistica. È del 1991: è uscita nel momento storico e sociale in cui se ne sentiva il bisogno. Parla degli ultimi, dei disperati, ma anche per loro… ‘spunta la luna dal monte’, ossia c’è la speranza che le cose possano andare meglio. Un messaggio che può essere adattato ad ogni situazione".
Che rapporto aveva con suo papà?
"Immenso, difficile da descrivere a parole. Io spero di essere un buon oste della nuova ‘bottega’ Bertoli di famiglia. Per questo nei miei concerti propongo alcuni pezzi storici suoi da cui non voglio separami e brani miei, nuovi, con l’auspicio di trasmettere al pubblico la stessa dignità di mio padre nel presentarsi".
Tra le canzoni di Pierangelo ce ne è una che sente particolarmente vicina a lei?
"Veramente ce ne sono tantissime! Forse la più rappresentativa è ‘A muso duro’ in quanto ci dipinge nello stesso tratto di carattere, la forza, la determinazione. Con caparbietà sia papà che io abbiamo sempre voluto continuare a vivere la nostra esistenza indipendentemente dagli altri. Ad esempio, ad un concerto non importa se il teatro o la piazza si riempie o meno di pubblico: non vendiamo la nostra anima per un successo più o meno immediato o effimero".
Parla al plurale: suo padre le ha trasmesso tanti principi… "Papà era, ma lo è ancora, la stella che mi guida. Mi ha insegnato prima di tutto a essere me stesso, a pensare con la mia testa, a essere indipendente dal punto di vista intellettuale, senza essere soggiogato alle opinioni degli altri. Mi ha abituato ad avere una mia idea e poi ad esporla a lui, anche perché altrimenti la prima cosa che mi chiedeva era ‘E tu cosa ne pensi?’. Mi ricordava sempre che ognuno di noi è unico".
Che valore ha riproporre sul palco quelle canzoni che hanno segnato un’epoca?
"E’ una vera e propria eredità etica quella che mi lasciato mio padre. Come lui, io non riesco a cantare ‘canzonette’, porto avanti i suoi messaggi, i suoi ideali. In questo Paese che tende all’amnesia improvvisa, con una tifoseria da calcio di bassa lega, sempre più mi rendo conto che persone come mio padre hanno contribuito a rendere il mondo migliore.
E anche per questo è doveroso ricordarlo, sempre. La musica, quale linguaggio, ci lega, così come ci legano le idee, in un ricordo e in un rapporto che è sempre vivo".
Come è nato il tour estivo con i Tazenda?
"Nel nome di papà, per celebrare la sua musica e la sua eredità artistica. I loro due mondi artistici si erano incrociati nel 1991, con ‘Spunta la luna dal monte’: Gino Marielli aveva presentato a papà la versione sarda della canzone e lui l’ha completata con quella in italiano. Un sodalizio artistico che adesso si ‘rinnova’ con la mia presenza. Non è stato semplice combinare i reciproci impegni e concerti estivi, ma siamo riusciti a fissare dieci date: le prime due le abbiamo fatte in Sardegna, la loro terra, e la terza a Fiorano, nella ‘nostra’, mia e di papà. La lingua sarda ha una sua forte dignità e bellezza sonora e si presta moltissimo alla musica. Proponiamo brani storici di mio padre, dei Tazenda e anche miei, e anche nuovi testi miei e loro, più alcune canzoni interpretate insieme.
Diciamo un ‘matrimonio’ artistico molto emotivo, che sta riscuotendo molto successo. C’è tanto amore e rispetto per le figure storiche che ci hanno preceduto, come papà e come Andrea Parodi (venuto a mancare nel 2006, nel 1998 aveva fondato i Tazenda con Gigi Camedda e Gino Marielli)".
Che rapporto ha con Sassuolo, la sua città?
"Io e Nek ci diciamo sempre: ‘Chi è nato a Sassuolo, resta a Sassuolo’. Non ha delle particolari bellezze artistiche ma si sta proprio bene. E poi la facilità con cui i sassolesi fanno musica? Chi sta qui o lavora nel campo delle piastrelle o fa musica!". Dunque, capitale della musica?
"Nel 2013 è nato a Sassuolo il premio ‘Pierangelo Bertoli’ che mira a valorizzare i grandi cantautori ma anche le nuove leve, i talenti cui dare visibilità. Avere riportato il premio a Sassuolo (dopo che era stato ‘spostato’ al teatro Storchi di Modena) è per noi un grande motivo di orgoglio. Con esso, infatti, si vogliono premiare i cantautori che, come ha fatto papà, sono capaci di arrivare al cuore della gente, attraverso i contenuti dei loro testi in primis, l’impegno sociale e il non uniformarsi alle tendenze di pensiero e di moda attuali".