Colpito da infarto, i medici lo fanno pedalare prima dell’intervento salva vita

Quanto accaduto ad Ancona ha dell’incredibile. Per la prima volta in Italia, un paziente (pesarese 60enne) di questo tipo è stato riabilitato prima dell’operazione. E in sala operatoria è entrato con le proprie gambe

Ancona, 8 novembre 2023 - Un infarto che colpisce il 40% del cuore lascia poche possibilità di sopravvivenza. L’80% dei pazienti non arriva a 30 giorni dall’evento: 8 su 10 muoiono. E i pochi che sopravvivono e riescono ad entrare in sala operatoria, ci arrivano distesi, in barella, dopo un’ospedalizzazione che debilita gli arti e affievolisce il tono muscolare. La ripresa, qualora l’intervento ´salva vita´ vada bene, è solitamente lunga e difficile. Ma quanto accaduto pochi giorni fa, ad Ancona, ha dell’incredibile. Per la prima volta in Italia, un paziente di questo tipo è stato riabilitato prima dell’intervento. Medici e fisioterapisti l’hanno fatto pedalare e camminare. In sala operatoria, quel signore pesarese di 60 anni è entrato con le proprie gambe.

Un sessantenne pesarese colpito da infarto, viene fatto pedalare dai medici prima dell'intervento 'salva vita'
Un sessantenne pesarese colpito da infarto, viene fatto pedalare dai medici prima dell'intervento 'salva vita'

"C’è stata un’ottima gestione multidisciplinare”, commenta il dottor Marco Marini, responsabile dell’unità di terapia intensiva cardiologica dell’azienda ospedaliero universitaria delle Marche.

Approfondisci:

Ancona, Torrette miglior ospedale d’Italia. Saltamartini: “Grazie a primari e personale”

Ancona, Torrette miglior ospedale d’Italia. Saltamartini: “Grazie a primari e personale”

Dottor Marini, come sta il paziente?

“Bene, dopo l’intervento l’abbiamo estubato e l’indomani era già in piedi. In genere, i pazienti di questo tipo impiegano fino a 3 mesi per tornare a camminare dopo un intervento di assistenza meccanica al circolo definitiva. Tra infarto e allettamento, il tono muscolare ne risente e per tornare a deambulare ci vuole tempo”.

Ma avete giocato d’anticipo

"Sì, solitamente si arriva all’intervento in condizioni scadute e si va incontro a rischi peri (e post) operatori elevati, infettivi o di altro genere".

Voi, quel signore, l’avete fatto persino pedalare…

"Il paziente, con bypass, veniva da un’ospedalizzazione di circa 2 mesi. Lo avevamo dimesso per la riabilitazione ma il cuore è andato di nuovo in difficoltà ed è tornato da noi. L’abbiamo trattato con l’Impella, uno strumento che attraverso l’arteria femorale (o ascellare) arriva al cuore, pompando sangue nell’aorta per il mantenimento della perfusione idonea al funzionamento corretto degli organi”.

Ci spieghi 

"Quando il cuore non riesce più a pompare sufficientemente si verifica uno ´shock cardiogeno´. Dopo l’infarto, vanno in sofferenza tutti gli organi: dal fegato ai reni. In casi selezionati, si assiste la funzione cardiaca con degli strumenti come l’Impella, che usiamo da anni. Dopodiché, ha iniziato a pedalare con un cicloergometro da letto. Il fatto di riabilitare il paziente e di farlo mettere in piedi prima di un simile intervento garantisce un post (e un peri) operatorio migliore”.

È andato tutto bene?

"Sì, ha avuto una normale polmonite. E se fosse stato debilitato perfino quella avrebbe potuto rivelarsi letale. È stato un ottimo esempio di gestione multidisciplinare. Hanno partecipato tutti: dal cardiochirurgo all’infermiere, dal cardiologo al fisioterapista, passando per l’anestesista”.