Bambini morti a Bologna, padre indagato per istigazione al suicidio

Il procuratore: “Iscrizione solo tecnica”. Domani l'autopsia

La Scientifica al lavoro sul balcone della tragedia (Schicchi)

La Scientifica al lavoro sul balcone della tragedia (Schicchi)

Bologna, 28 marzo 2019 - C’è un nome nel fascicolo aperto in Procura sulla morte dei due fratellini kenyoti, volati giù dal balcone del loro appartamento alla Barca. Quello del papà dei ragazzini, Heitz Nathan Chabwore, iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta per istigazione al suicidio.

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Si tratta di un’iscrizione però tecnica, come ha precisato il procuratore capo Giuseppe Amato, tesa cioè a permettere al quarantaduenne, difeso d’ufficio dall’avvocato Cristina Busato, di partecipare all’esame autoptico, che sarà effettuato venerdì mattina a Modena. Il pm Tommaso Pierini ha nominato come periti della Procura i medici legali Guido Pelletti e Sabino Pelosi: il quesito che dovranno sviluppare è estremamente ampio e comprende anche esami tossicologici, farmaceutici e verifiche sulla possibile presenza di lesioni pregresse sui corpi dei bambini. Per gli esiti ci vorranno 90 giorni. Si tratta di esami necessari a fugare ogni dubbio sul possibile coinvolgimento di terzi nella tragica morte dei due fratellini David e Benjamin Nathan, di 14 e 10 anni.

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«Non abbiamo ritenuto di nominare un perito di parte per l’autopsia, perché già il quesito formulato è molto articolato e volto ad indagare qualunque causa possa aver portato alla morte i bambini – spiega l’avvocato Busato –. Quella del mio assistito è un’iscrizione formale, necessaria per svolgere gli accertamenti irripetibili. Ci sono ancora pochi elementi, ma si è trattato sicuramente di una disgrazia, come pensano anche gli inquirenti. Sia il mio assistito che sua moglie sono stravolti dal dolore». L’ipotesi che la Squadra mobile e la Procura ritengono allo stato più attendibile è infatti che si sia trattato di un tragico incidente. Ieri mattina, proprio per fare un punto delle indagini, si è tenuto un summit negli uffici di via Garibaldi, alla presenza del procuratore Amato e dei dirigenti di Squadra mobile e Scientifica, Luca Armeni e Delfina Di Stefano. Gli accertamenti e i rilievi effettuati in questi giorni nell’appartamento di via Quirino di Marzio serviranno a far luce su una dinamica che, a cinque giorni dalla tragedia, ha ancora troppi punti oscuri.

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La mattina di sabato scorso David e Nathan erano in casa con il papà, mentre la mamma era al lavoro nel suo salone di parrucchiera, con i bimbi più piccoli, di 6 e 2 anni. Intorno alle 10,20, alcuni vicini di casa hanno sentito due tonfi, a distanza di un po’ di secondi l’uno dall’altro. E hanno trovato, nel cortile del palazzo, al civico 14, i due corpi. Nessun urlo ha preceduto quei rumori. Le indagini hanno scandagliato ogni possibile aspetto di questa tragedia: i genitori dei fratellini, nel pomeriggio di sabato, sono stati sentiti per nove ore. Il padre ha ripetuto sempre la stessa versione agli inquirenti: «Ero in bagno a fare la doccia, non ho sentito nulla: mi ha avvertito una vicina».

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Prima della caduta, l’uomo aveva sgridato i figli perché, mandati a fare la spesa, avevano fatto un po’ di cresta sul resto. Anche il giorno prima David era stato rimproverato, per il furto di un cellulare a scuola. Così, quella mattina il padre aveva chiuso la porta di casa ed era andato a farsi la doccia. Cosa è successo poi? I ragazzini hanno tentato di fuggire di casa, scavalcando il balcone per raggiungere quello del vicino? Il più grande, arrabbiato, ha spinto il minore e poi si è lanciato di sotto? Sono caduti durante un gioco rivelatosi mortale? O si sono buttati per senso di colpa? Tante domande a cui solo gli esiti dell’autopsia, incrociati con i rilievi della Scientifica, potranno forse dare una risposta.

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