
A sinistra, Griselda Cassia Nunez e a destra la figlia Kenia Vaca Cassia
Un solo colpo, alla testa. Fatale. È quanto ha accertato l’autopsia eseguita ieri pomeriggio sul corpo di Griselda Cassia Nunez, la 44enne uccisa durante la festa di fine asilo della nipotina, nel cortile della casa di Marotta. È morta sul colpo. A stabilire da quale distanza sia partito il proiettile sarà ora la relazione medico-legale, ma intanto il dolore non aspetta referti: brucia, e attraversa due continenti. Mentre il corpo di Griselda attende il nulla osta per l’ultimo viaggio verso la Bolivia, dove la madre la aspetta per darle sepoltura, gli amici si mobilitano. Da parte degli amici è partita via social una raccolta fondi (Iban: IT65R3608105138207177307185 intestato a Kenia Vaca Cassia) per coprire le spese del rimpatrio della salma, costose, complesse, ma necessarie per restituirle dignità e per consentire un ultimo abbraccio. Contatti con l’ambasciata sono già avvenuti, ma servono risorse. E servono subito. Nel frattempo, accanto a questo addio mancato, c’è una sopravvivenza da sostenere. Kenia, la figlia 28enne di Griselda, ferita gravemente alla testa nello stesso agguato, è stata dimessa sabato scorso dall’ospedale di Torrette e si trova ora a Fano, ricoverata nel reparto di Pediatria, dove ha potuto riabbracciare la sua bambina. Una madre sopravvissuta e una figlia che ha visto tutto: sono loro, ora, al centro di una nuova emergenza. "Servono indumenti per entrambe – è l’appello lanciato da un’amica delle due donne che, insieme ad altri, non ha mai lasciato sola Kenia e la piccola -. Per la bambina: taglia 7/8 anni, scarpe 29/30. Per Kenia: taglia XL/XXL, scarpe 39". Nel frattempo, Sandrino Spingardi, 71 anni, è rinchiuso a Villa Fastiggi, sorvegliato a vista. Durante l’interrogatorio di garanzia, lunedì mattina in tribunale a Pesaro, ha confermato di aver sparato. Cinque colpi, forse sei. "Ma volevo solo spaventare", ha detto. "Non ho capito più nulla". Poi ha parlato di Griselda: "Si è fatta sposare da mio fratello". Viveva nella roulotte accanto alla casa che la donna aveva ereditato alla morte del marito. Dal 2007 lì, al civico 29/A di via Sterpettine. Lì teneva anche i suoi cinque fucili e la pistola usata per sparare. Tutte le armi erano regolarmente denunciate, ha spiegato, custodite prima in casa del fratello, poi trasferite nel bagno della roulotte, dietro una porta chiusa. "Per rispettare le regole", ha precisato. L’ultimo controllo risalirebbe a sei mesi fa. Ma venerdì scorso, poco dopo le 22, qualcosa è scoppiato. Non solo la pistola. "La musica era troppo alta", ha detto. Come se il volume potesse spiegare il sangue. Come se il fastidio potesse giustificare cinque bossoli. E si è giustificato dicendo: "volevo sparare in aria".
Antonella Marchionni