Leoni
Si era a metà del 1300. Epoca di ferro e di sangue. Nella zona di Castel San Marco, tra la collina e la piana che diverrà più tardi Castel Clementino, e più tardi ancora Servigliano, viveva una veggente. Siamo sempre stati terre di chiaroveggenti, indovini, maghi. Basti pensare alla Sibilla. Ma stavolta parliamo di altro. Parliamo di Catalutia Petrutii Iohannis Venancii che viveva da queste parti. Aveva diversi seguaci, molti erano contadini che tiravano avanti i loro squadrati poderi. A loro, la donna aveva rivelato una visione: un male si stava abbattendo sulle contrade, colpiva donne e uomini, uccideva animali. Era la peste nera che stava imperversando in Italia ed Europa. Il batterio più tardi ribattezzato come Yersinia pestis veniva diffuso principalmente dai topi. Già nel territorio si vedevano i primi tragici effetti. Che fare? Catalutia una soluzione ce l’aveva, le era arrivata in sogno: ingrandire e rendere più bella ed agevole la piccola chiesa di pianura: Santa Maria del Piano. Fu così che una delegazione di contadini si recasse dal vescovo di Fermo Giovanni de Firmonibus, lo stesso che aveva commissionato il famoso Missale de Firmonibus. La richiesta era di concedere l’ampliamento. Perché negarlo? Il vescovo acconsentì la nuova fondazione e, come racconta Carlo Tomassini, concesse "l’indulgenza di una quaresima ai benefattori che si fossero recati a pregare in detta chiesa". E così la struttura s’accrebbe. Di peste in peste, di chiesa in chiesa, vogliamo ricordare altri sacri edifici costruiti contra pestem. A Fermo, a fine Trecento, le maestranze eressero una chiesetta detta di Santa Maria della Misericordia là dove oggi sorge il Palazzo del Comune, in piazza del Popolo, allora San Martino. La realizzarono in 23 ore perché chi era tornato dalla Terra Santa aveva assicurato la sconfitta del morbo appena dopo la realizzazione in meno di un giorno di un tempietto. Così fu fatto e, caso o destino o Provvidenza, la peste abbandonò le nostre contrade. Passarono quasi tre secoli e il morbo fece di nuovo strage. Fu allora che i fermani costruirono un’altra chiesa – quella di Santa Maria era stata abbattuta – dedicandola a san Rocco. L’edificio resta ancora oggi, ma non più chiesa, sotto i portici a monte.