Il mentalista Tesei va in rete: "Il web terza via"

Dopo palcoscenico e tv, il forlivese fa parlare di sé con ‘The Box’ su Zoom: 48 partecipanti a puntata

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di Fabio Gavelli

Può un mentalista fermarsi davanti a una pandemia? Non può. E infatti Francesco Tesei, dopo avere sbalordito con Mind Juggler e Human, torna sulle scene, in diretta streaming, con The Box. Chi assiste – prossimi spettacoli domani, il 5 e il 13 febbraio, sempre alle 21 su piattaforma Zoom (ticket su www.eventbrite.it) – si trova sullo schermo del pc Tesei, collegato con 48 persone.

Perché il titolo The Box?

"Penso che sia la metafora più efficace su quanto ci accade: siamo tutti inscatolati. Non volevo fare uno spettacolo sul Covid, infatti non cito mai il virus, ma non posso nemmeno fare finta di nulla, il contesto è fondamentale. Vorrei toccare le sensazioni emotive, più o meno inconsce, sollecitate da quanto stiamo vivendo. Privi di socialità, incontri, cinema e teatri, soli sul divano di casa".

Che differenza c’è tra vedere un film in tv e il suo The Box?

"Nel primo caso, si guarda passivamente una pellicola registrata. Nel secondo, si partecipa con altre 47 persone a uno spettacolo in diretta: io vedo ciascuno spettatore, per questo non potrei farlo con 300. Se qualcuno parla a voce alta, tutti sentono".

A teatro lei lancia un pupazzo tra il pubblico per scegliere le persone da far salire sul palco. In questo caso come fanno a interagire gli spettatori?

"Ognuno ha un numerino, che viene poi sorteggiato in modo casuale".

The Box è un ibrido fra tv e teatro?

"Sembra una terza via, ha un suo linguaggio specifico".

Chiedere in cosa consiste, è un controsenso, ma a cosa si è ispirato?

"Mi piace ricreare le atmosfere oniriche dei film di Christopher Nolan".

Non è in un teatro, ma...?

"In uno studio allestito per l’occasione. Creo una dimensione intima con lo spettatore, voglio evitare che questa situazione sia vissuta come un surrogato del teatro, di fatto è un’esperienza di mentalismo".

Il costo è di 35 euro, forse un po’ superiore che a teatro: perché?

"È un biglietto a connessione. Nella decina di spettacoli fatti finora ho visto davanti al computer più persone, a volte tutta una famiglia. Non si tratta di un accesso singolo".

Nei suoi spettacoli, oltre alle continue sorprese e alla sensazione che lei legga nel pensiero delle persone, si coglie sempre un messaggio: qual è, stavolta?

"Noi artisti siamo fra i più penalizzati da un anno a questa parte, ma non siamo evaporati nel nulla. Con The Box intendo lanciare un segnale: siamo ancora in piedi. E lo faccio anche per tutti quelli, per esempio il personale tecnico e i gestori di teatri e cinema, che non possono realizzare uno spettacolo, come faccio io".

In compenso ha stretto partnershisp con alcuni teatri.

"Sì, per esempio il Teatro Nazionale di Milano. Io non chiedo nulla in cambio, perché non usufruisco dei servizi di quella o di altre sale, in compenso i teatri possono rivolgersi al proprio pubblico per mostrare che ancora esistono".