Medico ucciso, i pm chiedono il processo per il figlio Stefano Molducci

Il 40enne di Terra del Sole è accusato di aver programmato (con la badante) di avvelenare il genitore con il sovradosaggio di vari farmaci

Stefano Molducci è stato anche segretario del Pd di Castrocaro, molto attivo in paese

Stefano Molducci è stato anche segretario del Pd di Castrocaro, molto attivo in paese

Forlì, 27 gennaio 2023 – Il figlio, secondo l’accusa, ha programmato e organizzato l’omicidio con gli stessi farmaci che di solito il padre assumeva. Mentre la badante avrebbe acquistato le medicine, usando pure ricette da lei stessa contraffatte, e le avrebbe infine somministrate. Questo il canovaccio accusatorio con il quale la procura di Ravenna ha chiesto il rinvio a giudizio di entrambi gli indagati per l’omicidio pluriaggravato di Danilo Molducci, storico medico della frazione ravennate di Campiano, morto a 67 anni il 28 maggio 2021. Si tratta del 40enne Stefano Molducci di Terra del Sole, esperto di trading e in passato segretario del Pd di Castrocaro. E della 52enne romena Elena Vasi Susma. Per i due, difesi dagli avvocati Claudia Battaglia e Antonio Giacomini, l’udienza preliminare è stata fissata per inizio aprile davanti al gup Sabrina Bosi. Nessuno degli accusati, nei venti giorni a disposizione dopo la notifica della conclusione delle indagini preliminari, ha optato per depositare memorie difensive o farsi interrogare o chiedere ulteriori verifiche.

Secondo quanto contestato dal pm ravennate Angela Scorza sulla base delle verifiche della squadra Mobile, degli accertamenti patrimoniali delle Fiamme Gialle e delle conclusioni di varie consulenze tecniche, i due avrebbero progressivamente intossicato il 67enne con un mix di farmaci. Del resto il medico assumeva gli stessi medicinali per alleviare le sue patologie. Il figlio, peraltro in passato studente di medicina – prosegue l’accusa –, di sicuro sapeva dello stato di precarietà della salute del genitore, quest’ultimo segnato da ipertensione, obesità e allettato.

In particolare avrebbe fornito specifiche indicazioni alla badante la quale in quel periodo si occupava di tutte le incombenze legate al 67enne. I risultati della consulenza tossicologica hanno restituito concentrazioni di benzodiazepine inquadrate come in sovradosaggio. In particolare nel sangue del defunto è stata determinata una concentrazione di diazepan ritenuta non terapeutica: 276 (ng/l) contro i 90 di mediana per il post mortem (cioè più di tre volte maggiore). Per il nordiazepan, il valore riscontrato nel sangue è stato di 675 (ng/l) a fronte di una mediana di 100 (cioè quasi sette volte). È in questo modo che i farmaci avrebbero manifestato i loro effetti tossici tra alterazione delle funzioni cognitive, sonnolenza, confusione, debolezza muscolare e ridotta capacità di vigilanza. Nella lista dei medicinali stilata dal pm, figura pure l’amlodipina, farmaco usato per problemi cardiaci e isolato nel contenuto gastrico nel 67enne in concentrazioni superiori tra quattro e 16 volte al range terapeutico.

Il medico era spirato nella sua abitazione: quella mattina in casa c’era la badante. Ed era stata lei che aveva chiamato il 118 quando il 67enne si era sentito male: i sanitari al loro arrivo non avevano potuto fare altro che constatare il decesso. Nelle ore successive le verifiche della polizia avevano portato a individuare particolari perlomeno singolari. Vedi l’investigatore privato ingaggiato tempo prima a Trento dal 67enne per fare luce sulle movimentazioni dal suo patrimonio. Quando il detective lo aveva chiamato giusto poco prima del decesso, a rispondergli era stata la badante: in quel momento il medico non poteva parlare perché stava riposando, meglio richiamare. E così aveva fatto: ma a quel punto il medico era appena morto.

L’ultimo sussulto di questo giallo era giunto a fine indagine dall’analisi sui conti da cui era emerso che a ridosso della morte del padre, il 40enne aveva prelevato tra i 40 e i 50mila euro. E che nei 4-5 mesi successivi, aveva preso circa 450mila euro: tutti dal bancomat con prelievi pressoché quotidiani sotto ai mille euro.

Il movente tracciato dall’accusa è proprio economico: il 40enne avrebbe cioè temuto che il padre gli potesse togliere le deleghe bancarie alla luce dei prelievi dal conto. I due indagati hanno sempre respinto tutte le accuse. Il 40enne ha avuto modo di spiegare che investiva anche per conto del padre. E che per diverse volte il genitore aveva abusato dei farmaci.