Sara Pedri, la madre: "Mia figlia non c’è più. I colpevoli? Cambino la loro vita"

Forlì, parla la mamma della ginecologa scomparsa dopo presunte vessazioni in ospedale. Ricerche dei sub nel lago

Forlì, 9 giugno 2022 - Sara Pedri è laggiù, da qualche parte. I cani, addestrati a cercare tracce delle persone scomparse anche sott’acqua, a distanza di 15 mesi abbaiano sempre nello stesso punto, a bordo dei gommoni dei vigili del fuoco, sull’invaso artificiale di Santa Giustina in provincia di Trento. A poca distanza da lì, Sara si sarebbe tolta la vita il 4 marzo 2021. A breve sarebbe stato il suo compleanno. E la famiglia attende anche nuove ricerche.

Mirella Sintoni, mamma di Sara, quando si tornerà a cercare il corpo?

"Ci hanno promesso che accadrà tra giugno e luglio: sarà il momento più propizio per fare intervenire i sub".

Emanuela, la sorella di Sara, l’ha detto più volte: la troveremo.

(sospira) "Ci speriamo. Emanuela è più convinta di me. So che sarebbe importante anche per le indagini. Ma a me la prospettiva non riempie il cuore. Io Sara la sento comunque vicina".

In che modo?

"Per me non esiste la morte, c’è un’altra vita. E c’è l’amore, un sentimento che tiene vivo chi non c’è più. Purtroppo c’è anche il dolore, che può essere atroce e a volte penso che mi stia annientando. Mi impongo di reagire, il ricordo di Sara mi dà coraggio".

Lei ha incontrato più volte il vescovo di Forlì, Livio Corazza. Quanto è importante per lei la fede?

"Molto. Ho sentito il vescovo vicino come un fratello o un padre, so che ha pregato per noi. Mi sentirei di abbracciarlo".

Il 23 giugno Sara avrebbe compiuto 33 anni. Come vuole ricordarla?

"Al parco urbano ‘Franco Agosto’ di Forlì abbiamo piantato un albero. Non solo: accanto c’è una buchetta delle lettere, tutta colorata come sarebbe piaciuto a lei. Il 23 giugno invitiamo tutti lì, per dirle che le vogliamo bene e che è ancora presente nelle nostre vite".

E ci sono lettere per Sara?

"Sì, anche se ancora sono chiuse lì dentro. La storia di Sara ha spinto molti ad aprirsi, raccontandoci di aver subìto qualcosa di simile sul luogo di lavoro, com’era accaduto a lei".

Suoi coetanei?

"Persone di tutte le età".

Il compleanno di Sara sarà anche in futuro l’occasione per ricordarla?

"Sì. Il mio desiderio più grande è proprio questo: che non sia dimenticata. Chi l’ha conosciuta non può farlo...".

E agli investigatori, invece, cosa chiede?

"Che facciano chiarezza sugli ultimi attimi della sua vita".

Cosa direbbe al primario di Sara, Saverio Tateo?

"Da credente, mi sento di dire questo: chi si sente colpevole, cambi la propria vita! Ascoltino la loro coscienza... Non credo che possano stare bene in questa situazione...".

Ha mai incontrato Tateo?

"Sì. È successo in aprile, durante l’incidente probatorio in tribunale a Trento. Entrambi eravamo in aula ad ascoltare le testimonianze di alcuni sanitari".

E non ha avuto occasione di parlargli?

"Gli hanno segnalato la mia presenza, eravamo anche abbastanza vicini. Lui si è girato e mi ha guardato. Io l’ho fissato negli occhi. Poi mi ha fatto un cenno col capo".

Come un saluto?

"Sì. E l’ho apprezzato".

Dentro di lei, giudica il primario e la sua vice, Liliana Mereu, già colpevoli. Cosa le dà questa certezza?

"Sara ha lasciato questa vita in una fase dolorosa. Aveva un’indole tale da superare da sola i problemi... Era un caterpillar... anzi, i colleghi dell’ospedale di Catanzaro l’avevano soprannominata Red Bull, tanto era esuberante. Diceva: qui sono un po’ lenti, adesso li smuovo io".

Questo però non accadeva a Trento.

"No. Quando è andata a Trento era una persona che aveva coronato il proprio sogno. Mi sento un po’ in colpa perché non potevamo essere al suo fianco nei mesi successivi".

Purtroppo era vietato dalle restrizioni anti-Covid. Pensa che tutto l’ambiente che circondava Sara fosse ostile?

"Se dico la parola ‘Trento’, penso subito alla tragedia. Ma se dico ‘trentini’ no, abbiamo incontrato persone davvero accoglienti, anche il padrone di casa di Sara. E poi c’è un episodio che vorrei raccontare...".

Quale?

"Un giorno siamo entrati in un negozio a Trento. Il titolare mi ha guardato come se mi avesse riconosciuto. Eravamo già stati in tv... Allora ho detto che ero la mamma di Sara: è sceso un forte imbarazzo, come se si vergognassero per ciò che era successo. Ho risposto che questo sentimento dovrebbero provarlo altri".