LORENZO PRIVIATO
Cronaca

Moglie malata uccisa nella vasca, le associazioni rosa: “Non fu un femminicidio”

Nessuna costituzione di parte civile per la morte di Piera Ebe Bertini, perizia psichiatrica per Enzo Giardi

Gli avvocati della difesa, Monica Miserocchi e Antonella Monteleone. In alto, Giardi

Gli avvocati della difesa, Monica Miserocchi e Antonella Monteleone. In alto, Giardi

Ravenna, 19 giugno 2025 – La Corte d’Assise di Ravenna, presieduta dal giudice Giovanni Trerè con a latere Antonella Guidomei, ha accolto la richiesta di una perizia psichiatrica su Enzo Giardi, l’uomo che il 9 settembre scorso ha annegato la moglie Piera Ebe Bertini, gravemente malata di Alzheimer.

Un passaggio cruciale, che segna la direzione di un processo destinato a misurarsi con i limiti estremi della responsabilità penale, ma anche con un dibattito pubblico che, nei giorni successivi al fatto, aveva parlato di femminicidio. Ieri, però, in aula non si è costituita alcuna parte civile.

Nessuna delle associazioni femminili che allora si dissero pronte a scendere in piazza ha avanzato richiesta di risarcimento o rappresentanza legale. Né il Comune. Eppure le parole di allora erano state nette. “Contiamo un nuovo femminicidio, il 56esimo dall’inizio del 2024 – scrivevano Liberedonne, Casa delle Donne, Udi Donne in Nero e Linea Rosa –. Ancora una donna uccisa per mano di un uomo che diceva di amarla”. Anche l’allora assessora comunale Federica Moschini aveva parlato di “ennesimo femminicidio, gesto ingiustificabile, anche nel dolore”.

Ora però, davanti alla prospettiva di una parziale incapacità di intendere e volere, il quadro giudiziario si sposta su un piano molto più complesso. Gli avvocati Monica Miserocchi e Antonella Monteleone, legali dell’imputato, hanno prodotto due consulenze: quella dello psichiatra Michele Sanza e quella dello psicologo Vittorio Foschini, che descrivono una condizione di depressione sotto soglia, non clinicamente grave, ma capace di compromettere – in uno specifico frangente – il contatto dell’uomo con la realtà.

Secondo Foschini, Giardi sarebbe stato sopraffatto da anni di cura quotidiana in solitudine, in un contesto in cui la degenerazione psichica della moglie aveva reso ogni gesto un rituale senza speranza. Il momento del fatto – spiegano i consulenti – sarebbe stato innescato da un evento improvviso: la caduta a terra della donna durante le cure quotidiane, che avrebbe generato un cortocircuito emotivo e psichico, “una rottura del rapporto con la realtà” che renderebbe Giardi parzialmente incapace al momento del gesto. Una forma di smarrimento mentale come “quello che i ragazzi chiamano lo sbrocco”.

Il pubblico ministero Daniele Barberini ha condiviso la necessità dell’accertamento. “È lo stesso imputato ad aver definito quanto accaduto come un fulmine a ciel sereno”, ha osservato il magistrato. Giardi, infatti, non ha mai negato la responsabilità. Dopo aver immerso la testa della moglie nella vasca da bagno, nella loro casa di via Lolli, ha chiamato il 118 e si è autodenunciato con lucidità. La scena, documentata dai carabinieri e dai consulenti tecnici, non presentava segni di violenza: la casa era in ordine, la donna vestita, il tutto dentro una cornice domestica spogliata di ogni dramma esteriore.

Durante l’udienza sono stati acquisiti i verbali dei carabinieri, la trascrizione della telefonata al 118, l’autopsia a cura del dottor Guido Pelletti, la documentazione sanitaria della vittima.

La difesa ha anche prodotto la rinuncia all’eredità da parte dell’imputato e una scheda Inps che attestava la non autosufficienza della signora Bertini. Da luglio il processo proseguirà con l’esame dei consulenti e dell’imputato – ieri non presente in aula – e si concentrerà proprio sul punto della fragilità psichica, valutando se la lunga assistenza, il trauma emotivo e la prospettiva di dover separarsi dalla moglie abbiano determinato una perdita del controllo, nonostante l’apparente lucidità successiva.