Corinaldo arrestati, la banda dello spray si divide

C'è chi fa scena muta agli interrogatori e chi prende le distanze

La tragedia alla Lanterna Azzurra di Corinaldo (foto Antic)

La tragedia alla Lanterna Azzurra di Corinaldo (foto Antic)

Corinaldo (Ancona), 7 agosto 2019 - Uno viene definito dal branco 'il maestro del gas'. L’altro è quello che "lo spray lo tiene sempre... deve spruzzare sempre". Eppure entrambi, Moetz Akari ieri e Andrea Cavallari lunedì, nel corso degli interrogatori di garanzia, hanno detto che loro con la strage degli innocenti a Corinaldo non hanno nulla a che fare. Si sono svolti ieri nel carcere Sant’Anna gli interrogatori di garanzia, davanti al Gip Romito, nei confronti dei ragazzi accusati di essere i componenti di quell’associazione a delinquere dello spray al peperoncino che lo scorso dicembre provocò la strage alla Lanterna Azzurra.

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Ieri Ugo di Puorto e Raffaele Mormone, difesi dall’avvocato Pier Francesco Rossi, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere ma potrebbero chiedere di essere sentiti tra qualche giorno davanti ai tre pm titolari del fascicolo. A scegliere il silenzio anche Souahib Haddada, rinchiuso nel carcere di Ravenna, difeso dall’avvocato Gianluca Scalera e Badr Amouiyah, la cui difesa è rappresentata dall’avvocato Chianese: «Il mio assistito – spiega il legale – ha solo confermato la sua presenza a Corinaldo ma ha sottolineato di non c’entrare nulla con la tragedia e di non essere mai andato in altri locali col gruppo. Confuteremo l’appartenenza all’associazione: gli è stato contestato un solo episodio».

Corinaldo, arresti (foto Antic)
Corinaldo, arresti (foto Antic)

Se i ragazzi accusati di reati gravissimi, tra cui il concorso in omicidio preterintenzionale, hanno scelto la strada del silenzio, Akari, come l’amico Cavallari ha comunque negato ogni addebito circa la terribile strage di dicembre. «Non ho usato lo spray al peperoncino, ero lì quella sera, ma con lo spray non c’entro nulla, non ho avuto contatto con gli altri». Akari, difeso dall’avvocato Gianluca Scalera, ha anche negato di aver avuto rapporti con gli altri ragazzi della banda. «Conosceva Ugo Di Puorto, ma solo di vista». «Il ragazzo è sconvolto da questa vicenda – commenta il legale – i miei assistiti si assumeranno la responsabilità per quello che hanno fatto, non per quello che non hanno fatto. Faremo indagini difensive, sentiremo persone, faremo i nostri accertamenti tecnici, abbiamo un gran lavoro da fare». E ancora: «I furti li hanno ammessi? No – sottolinea Scalera – ma si assumeranno la responsabilità di quello che hanno fatto. Lo stesso gip dice che si tratta di due gruppi differenti, che sono arrivati in quel posto con due macchine differenti, che i miei assistiti non hanno utilizzato lo spray e che però c’è il concorso perché le parti si conoscevano e provenivano dallo stesso territorio».

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Erano tutti lì quella terribile notte in cui lo spray ha generato prima il panico tra la folla e poi seminato la morte. Eppure dopo Andrea Cavallari anche Moez Akari nega ogni addebito. Tuttavia le intercettazioni telefoniche e le celle agganciate durante il viaggio, prima e dopo il blitz mortale alla Lanterna azzurra, dicono altro. Dimostrano come tra i due gruppi, da una parte Cavallari, Haddada e Akari, dall’altra Di Puorto, Mormone, Amoruso e Badr, ci siano stati contatti. E secondo gli inquirenti tutti hanno preso accordi col ricettatore Andrea Balugani che ieri ha scelto il silenzio. «Chiederemo di essere sentiti davanti al pm – dice l’avvocato Federico Brausi –: ci tengo a sottolineare che la posizione del mio assistito è separata dal gruppo».