Alluvione Forlì, voragini ancora aperte in via Locchi e pompe in azione: resta l’incubo dell’acqua

L’inondazione ha aperto dei crateri nella strada dei Romiti, 12 famiglie sono state evacuate Intanto alcune cantine restano allagate. Il pittore: "Il livello non calava nonostante gli sforzi"

Forlì, 1 giugno 2023 – Il ponte di Schiavonia è un portale che conduce a un’altra dimensione. Di qua la vita normale, di là il silenzio di un mondo fermo, paralizzato da un fango che pietrifica in un incantesimo che sembra difficilissimo sciogliere. Ai Romiti, così come negli altri quartieri invasi dall’esondazione del Montone, l’atmosfera non è mai stata così rarefatta. Qui le auto non possono passare e i volontari non sono più le allegre brigate dei primi weekend: ora chi lavora all’interno dei cortili e dei garage è ormai reso muto dalla stanchezza e dal sommarsi delle settimane.

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L’epicentro del disastro, qui, è in via Locchi. La via delle voragini. A dieci giorni dall’apertura delle prime, terrificanti crepe nell’asfalto siamo andati a ripercorrere i nostri stessi passi per scoprire cos’è cambiato da quando, nella notte di domenica 21 maggio, 26 persone sono state evacuate dal loro condominio perché quella che per loro era sempre stata una casa sicura, all’improvviso non era più un rifugio, ma un potenziale pericolo mortale. I mezzi sono in azione. Perlopiù si tratta di camion dell’autospurgo che continuano a pompare via liquami da cantine ancora allagate. Il ronzio ostinato dei motori accesi e il rombo sordo della fanghiglia che viene risucchiata dai tubi sono gli unici suoni che si sentono. La maggior parte delle case sono vuote, così come ancora vuoto è il condominio che ospitava le dodici famiglie sfollate.

Le voragini sono ancora lì: a provocarle è stata la forza dell’acqua che ha agito sulla tenuta del sistema fognario, creando dei vuoti sotterranei che hanno finito per inghiottire il manto stradale. Sul fondo della prima c’è un grosso tubo rotto dal quale esce un sottile filo d’acqua stranamente limpida. Nella seconda, invece, c’è ancora del fango che continua a salire dal sottosuolo. Di fronte a una casa si allarga un rivolo di melma che va a unirsi alla terra ormai secca e screpolata: qualcuno sta ancora pompando il liquido fuori dal garage.

Qui , più che altrove, l’acqua sembra persistente, capace di trovare sempre nuovi modi di rientrare. Nello stabile che ospita anche la pizzeria ‘Gli oleandri’ ha il suo studio l’artista Delio Piccioni. Ora dipinti e sculture giacciono infangati fuori dalla porta. Dentro: il caos. "L’acqua ha riempito tutto il piano interrato e ha raggiunto il piano terra – racconta – quando si è ritirata sono riuscito a pulire di sopra, ma di sotto sembrava impossibile. La toglievamo per ore, ma il livello non calava. Poi sono arrivati i camion che hanno cominciato a succhiarla via, ma la buttavano poi nel campo accanto che non faceva altro che rispingerla dentro. Ora siamo riusciti a ottenere i primi risultati: di sotto il livello dell’acqua si è abbassato a circa venti centimetri. Molti dei miei quadri sono persi, altri li restaurerò. Qualcuno lo lascerò così com’è, a testimonianza di questi giorni assurdi".

L’odore acre di fango e materiale in putrefazione pervade ogni cosa, eppure qualche operaio, a mezzogiorno, lascia l’autopompa e siede a terra per mangiare un panino o qualche boccone di pasta: serve energia per continuare a lavorare. Intanto l’ennesimo camion attraversa la via deserta sollevando una nuvola di polvere gialla che, per un attimo, nasconde ogni cosa.