Gianluca Pini e lo stop alle mascherine, la mail dell’Ausl Romagna: "Così non sono idonee"

Dopo qualche mese l’azienda sanitaria ha fermato le forniture dall’Oriente Intanto, Pini resta in carcere; ai domiciliari Prati, il suo uomo a Pievesestina

Gianluca Pini ha venduto all’Ausl della Romagna delle mascherine cinesi

Gianluca Pini ha venduto all’Ausl della Romagna delle mascherine cinesi

Forlì, 28 giugno 2023 – Rimarrà in carcere l’ex parlamentare leghista Gianluca Pini, arrestato giovedì scorso nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Forlì su una presunta truffa di mascherine dalla Cina all’Ausl Romagna. Il Gip del Tribunale di Forlì ha rigettato infatti la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare con i domiciliari presentata dal legale di Pini, l’avvocato Carlo Nannini, dopo l’interrogatorio di garanzia che si era tenuto venerdì scorso. Nannini valuterà con il suo assistito se rivolgersi al Tribunale del Riesame.

Pini, accusato di truffa aggravata, autoriciclaggio, frode in commercio e nelle pubbliche forniture e due episodi di corruzione, ha respinto tutte le accuse. Lunedì l’ex deputato aveva affrontato in videocollegamento dal carcere di Ravenna il secondo interrogatorio di garanzia, stavolta con il Gip del Tribunale di Bologna, per quando riguarda il filone d’indagine della Dda su un traffico internazionale di droga.

Anche la richiesta di revoca degli arresti domiciliari per Gianluca Prati, dirigente del magazzino dell’Ausl di Pievesestina, è stata respinta dal Gip Massimo De Paoli; i suoi difensori Giovanni Maio e Alessandro Monteleone ricorreranno al Tribunale del riesame.

Mascherine

La fornitura delle mascherine cinesi che l’azienda Codice di Gianluca Pini ha venduto all’Ausl della Romagna aveva trovato anche delle voci critiche all’interno dell’azienda sanitaria, ma alla fine l’affare è stato fatto lo stesso con reciproca (allora) soddisfazione: l’Ausl aveva trovato 3,5 milioni di mascherine a tre veli e 180.000 di tipo Ffp2 da usare al proprio interno e da distribuire, Pini aveva incassato quasi 3,6 milioni di euro. Pini, inoltre, aveva fornito mascherine anche ad alcune aziende private: Amadori, Cia-Conad, Media-Tek e Maxicart.

Ad avere riserve sulla regolarità delle mascherine fornite da Gianluca Pini era Teresa Cocquio, responsabile della farmacia centralizzata dell’Ausl Romagna che ha sede a Cesena; secondo il contenuto dei capi d’imputazione a carico di Gianluca Pini e dell’altro forlivese Gianluca Prati (dipendente Ausl coetaneo di Pini e infatti suo ex compagno di scuola), il documento ‘parere favorevole’ datato 1 aprile 2020 sarebbe stato redatto dallo stesso Pini e fatto firmare alla dottoressa Teresa Cocquio con la collaborazione di Gianluca Prati. Grazie a quel documento le mascherine prodotte in Cina furono immediatamente sdoganate al magazzino dell’aeroporto di Milano Malpensa nonostante fossero prive del marchio CE.

Ma Teresa Cocquio si mette decisamente di traverso il 22 luglio 2020 quando invia un’e-mail a Pini, dopo che il marchio CE sulle mascherine Ffp2 già consegnate era stato valutato ‘non genuino’ ed era stata proposta la sostituzione con altre Ffp2 Respilon ugualmente non idonee: "Solo ieri pomeriggio ho avuto modo di sottoporre all’unità operativa competente ( il Servizio prevenzione aziendale dell’Ausl, ndr) il campione che mi ha consegnato. Purtroppo il prodotto risulta diverso dal modello con carbone giudicato idoneo in prima istanza – la versione bianca non presenta sulla mascherina i dati di marcatura – la versione bianca è costituita da materiale al tatto molto diverso rispetto alla versione nera. Per tali motivazioni il prodotto è stato ritenuto non idoneo. Riterrei a questo punto di non procedere oltre".

Nella stessa giornata la dirigente Ausl Orietta Versari, responsabile unica del procedimento, inviava a Pini la richiesta di restituire i 424.800 euro già versati, ritenendo che il ritardo di oltre due mesi nella consegna delle mascherine Ffp2 e la non idoneità di quelle consegnate avrebbero determinato la risoluzione del contratto.

La richiesta di restituzione dei soldi fece innervosire Pini che intervenne su Prati affinché convincesse la Versari a non chiedere la restituzione dei soldi (Prati sostenne che si trattava di problemi di "lana caprina"). L’operazione non andò a buon fine, ma Prati riuscì poi a convincere Massimo Del Bianco (ignaro che c’era già stata una valutazione di non idoneità) a consentire la sostituzione delle mascherine per le quali era invece stata richiesta la restituzione della somma già pagata dall’Ausl.

Analoghi dubbi erano già stati espressi da Teresa Cocquio nei primi giorni di maggio 2020, ma anche stavolta non vengono compiuti ulteriori approfondimenti.