
L’artista si è spento ieri a quasi 99 anni. Il suo legame con la città va ben oltre la ’Palla’: qui mosse i primi passi e trovò le amicizie di una vita.
"Quella casa la l’ho fatta io", diceva agli amici Arnaldo Pomodoro quando veniva a Pesaro. La casa è quella a mattoncini rossi con il terrazzino bianco che gira su via Mentana da Corso XI Settembre. Quella via Mentana dove Arnaldo, da ragazzo, aveva abitato con i fratelli Giò e Teresa: i genitori erano morti giovanissimi. Perché il legame tra Arnaldo Pomodoro e Pesaro non è solamente la ’Palla’ diventata un simbolo della città in piazzale della Libertà. Ma è anche la scuola per geometri e il primo impiego al genio civile. Il suo compagno di lavoro era Della Chiara: tra loro un’amicizia poi andata avanti nel tempo.
I primi passi disegnando gioielli, poi il grande salto a Milano e quindi nel mondo. Ma il legame con Pesaro è sempre stato fortissimo soprattutto con due famiglie, Franca Mancini e Milena Ugolini, attraverso la galleria Segnapassi, che organizza nel 1971 sculture nella città con tutte le opere di Pomodoro e nell’anno successivo sarà la volta di Ceroli. Era la città dell’oro sotto il profilo artistico perchè il fratello Giò Pomodoro scolpiva per il cinema Duse dove lavorava al lampadario gigante anche Lucio Fontana. Pesaro nel cuore, a tutto tondo, perché la "Semiramide" con le sue scenografie, è stato un allestimento per il Rof nel 1986; debutto nella lirica replicato nel 1990 con "Visioni e Maschere".
Un uomo che guardava il mondo perché le sue opere vanno dall’America al Giappone, entrando anche in Vaticano, ma Pesaro e il suo territorio erano le sue radici così come le grandi amicizie. Aveva comprato anche due case a Pietrarubbia dove nel 1991 aveva fondato il "Tam", la scuola per il trattamento artistico dei metalli, direzione artistica poi ereditata dal cagliese Eliseo Mattiacci, suo amico. Tra gli allievi anche Giovanni Termini che ricorda Arnaldo Pomodoro "come un maestro, titolo che si riconosce a pochi, un gigante del suo tempo ed anche una persona sempre gentile e disponibile". Quella Pietrarubbia dove realizzò, all’interno di una cappella, anche un’opera per ricordare la figura di Antonia, la figlia di Franco ed Enzo Mancini scomparsa giovanissima. Un legame, quello con i Mancini, che passa anche attraverso l’associazione "Le cento città" per l’allestimento di una grande mostra di Pomodoro nel forte di San Leo, esposizione legata anche alla figura di Cagliostro.
La città dei grandi amori e delle grandi delusioni, Pesaro, per Arnaldo Pomodoro, perché si era anche ipotizzato di creare la fondazione Pomodoro – ora a Milano – negli spazi del San Domenico. Un progetto finito nel nulla così come una sua antologica all’interno di Rocca Costanza. Altra delusione a Urbino, dove aveva pensato e progettato un ‘visionario’ cimitero monumentale tra due montagne, degno del Duca Federico. Tutto rimasto nel cassetto. La trincea del tempo e che porta alla ribalta Giuseppe Ungaretti con le sue foglie sugli alberi d’autunno. Nessuno ha avuto il coraggio di dire a Franca Mancini, ormai 99enne (li avrebbe compiuti proprio ieri), che Arnaldo Pomodoro era morto. Ultimi scampoli della città dell’oro.
m.g.