Omicidio Chiara Gualzetti, carte choc. "Volevo farlo due giorni prima, ma c'era gente"

Così l’omicida al pm: "Ho lavato le scarpe dal sangue prima che le vedesse la mamma. Ma vedete? Qualche macchia è rimasta. Non moriva, l'ho presa a calci: ho male al piede"

Fiaccolata a Monteveglio per ricordare Chiara Gualzetti (FotoSchicchi)

Fiaccolata a Monteveglio per ricordare Chiara Gualzetti (FotoSchicchi)

Bologna, 2 luglio 2021 - Chiara gli va incontro e lo abbraccia. È contenta di vederlo, è il ragazzo che le piace. Corre poi un attimo in casa, il tempo di dire alla mamma: "Torno tra dieci minuti". Invece non è tornata più. Le telecamere li immortalano così, Chiara e il sedicenne ora in carcere dopo avere confessato di averla uccisa.

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Lui, al momento di quell’abbraccio, ha già in mente tutto. "Avevo provato l’impulso ucciderla due giorni prima, ma ho desistito perché c’erano altri. Ho fatto fatica a trattenermi, ma poi ho promesso al Demone di agire sperando mi lasciasse in pace un po’". Il demone è quello che gli parla "da quando avevo 12 anni", invitandolo ad "agire in modo aggressivo verso gli altri, fisicamente e psicologicamente. Insisteva affinché uccidessi qualcuno, mi istigava a prendermi ciò che volevo e a fare ciò che desideravo".

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Così lui, lenti a contatto rosse e addosso le tennis indossate durante il delitto – "le ho lavate prima che le vedesse mia madre, ma mi accorgo ora che ci sono ancora delle macchioline di sangue", dice mostrando la suola –, lunedì ha parlato davanti al pm dei minorenni Simone Purgato e ai carabinieri della Compagnia di Borgo Panigale, guidati dal capitato Riccardo Angeletti. Militari che, affiancati dai colleghi del Nucleo investigativo, già domenica, alla denuncia di scomparsa di Chiara Gualzetti, la quindicenne sparita da Monteveglio domenica mattina, si sono buttati a capofitto nell’indagine, senza trascurare alcuna pista. E arrivando a risolvere il caso, con tanto di confessione dell’assassino, pochissime ore dopo il rinvenimento del corpo straziato della ragazzina nel Parco dell’Abbazia, a poche centinaia di metri da casa sua.

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Il pm definisce "a dir poco raccapricciante" la testimonianza del ragazzo, nell’ordinanza in cui ne dispone il fermo per omicidio volontario premeditato. "Una confessione piena e completa, ma che benché inoppugnabile appare a dir poco raccapricciante sia per i numerosi dettagli macabri e cruenti, sia per l’apparente freddezza del racconto, sia infine per il movente che può apparire sotto certi aspetti incredibile e sotto altri estremamente inquietante".

Perché il sedicenne – ora in carcere, dopo la convalida di ieri l’altro – aveva previsto tutto, "guidato", a suo dire, dal "demone". "Sabato ho deciso, a mezzanotte l’ho invitata a vederci il giorno dopo", racconta. Ma l’idea di dovere compiere un omicidio evidentemente non lo turba granché, considerato che "avevo pure puntato la sveglia alle 7.30, ma poi mi sono riaddormentato e mi sono svegliato alle 9", ricostruisce.

La dinamica del gesto è da brividi: con la scusa di "un regalo" lui la fa girare, ma in quel momento, forse per il caldo, lei si sente male e si china per vomitare. A quel punto lui la accoltella, la colpisce al collo e al petto. Poi la finisce a calci. "Sarà durato 20 minuti. Mi sono stupito di quanto fosse resistente il corpo umano: a terra l’ho presa a calci. Mi sono fatto male all’alluce, che infatti si è gonfiato", lamenta lui con serenità agli inquirenti forse sbigottiti, all’avvocato e alla madre, che a quel punto ha una crisi di nervi. Oggi il medico legale Segreto, nominato dalla Procura, eseguirà l’autopsia sul corpo della ragazza.  

Oltre alla voce demoniaca, della quale il giovane avrebbe cercato invano di liberarsi con un "rituale" trovato su Google, il movente sarebbe stato il fatto che Chiara "aveva rotto le p... Mi aveva detto di avere intenzione di uccidersi, ma di non averne il coraggio. Io mi ero offerto di farlo, più o meno per scherzo. Lei però non perdeva occasione di parlarmi dei suoi problemi, era pesante. Ultimamente poi era insopportabile, mi stava sempre appiccicata". Da qui, la "rabbia". E il gesto pensato nei dettagli: "La maglia rossa che avevo sembrava sudata e non sporca di sangue. Ho distrutto il suo cellulare buttandolo nel fiume, ma ho tenuto la cover, perché le colleziono", chiude sereno.