Bologna - Soldi, soldi, soldi. Da che mondo è mondo il denaro è all’origine di discussioni, liti e controversie tra le persone. Figurarsi quando queste sono anche condomini. Si spiega con questa premessa una delle novità più rilevanti della riforma entrata in vigore nel giugno scorso: l’obbligo di aprire un conto corrente.

Il comma 7 del nuovo articolo 1129 del codice civile pone in capo all’amministratore l’onere di «far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio». E non alla persona che lo rappresenta.

Lo scopo è chiaro: evitare sovrapposizioni e confusioni tra il patrimonio dello stabile e il suo personale. Ma non finisce qui. La norma si propone, infatti, di assicurare la tracciabilità di tutti i flussi di cassa. Tutti, non solo quelli sopra una certa cifra. Una disposizione, questa, che ha destato le preoccupazioni e le perplessità degli uomini deputati alla gestione degli edifici. Perché? È presto detto: da una parte impedisce di prelevare o versare contanti senza specificare a che titolo, e dall’altra rischia di creare paralisi laddove un consigliere voglia provvedere alle spese più spicciole come quella dovuta al cambio della lampadina nell’androne, o il portiere debba acquistare i detergenti per la pulizia delle parti comuni.

Ad ogni modo, in casi del genere si conviene che il prelievo possa avere un’indicazione generica (ad esempio «fondo cassa»), salvo poi dettagliare in sede contabile quanto, come e perché è stato speso.
Qualora l’amministratore non apra o utilizzi scorrettamente il conto, i condomini (i quali possono tramite lui prenderne visione ed estrarne copia a proprie spese) hanno la facoltà di chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore.

Se ciò non dovesse accadere, il singolo può rivolgersi all’autorità giudiziaria. In questo senso, non sfuggirà che uno dei fini della legge 220 del 2012 è evitare o almeno limitare le centinaia e centinaia di denunce per truffa e appropriazione indebita a carico di amministratori infedeli. Ma le garanzie e le tutele hanno un prezzo. Nel caso specifico coincide con le spese dell’apertura del conto, che generalmente si aggirano sui 150 euro annui tutto compreso. Solitamente è proprio il soggetto che deve compiere l’operazione in questione a proporre all’assemblea uno o più nomi di banche a cui affidarsi. Anche perché spesso, portando in dote diversi clienti, può usufruire di buoni sconti. Inoltre, è possibile ridurre i costi attraverso gli strumenti dell’internet e del mobile banking; strumenti che consentono a tutti i condomini di accedere ai dati in ogni momento. Quando si dice la trasparenza.
 

Antonio Del Prete

 

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