di Serena D’Urbano "Che Sara volesse diventare ginecologa le era chiaro già in terza media quando presentò una tesina sulla riproduzione". Mamma Mirella, dopo tre mesi, trova il coraggio di tornare a parlare pubblicamente di quella figlia, la seconda, che "correva sempre". ’Riposati Sara, fermati un attimo’, le dicevano i genitori, ma lei "correva. I suoi non erano passi, ma balzi". Una ragazza "colorata", così la definisce anche la sorella Emanuela. Le ex colleghe di Catanzaro – dove aveva frequentato la specialistica dal 2015 al 2020 – la chiamavano ’Red Bull’ per via dei fulgidi capelli rossi, ma anche perché era "esplosiva", l’energia fatta persona. Di lei ricordano l’accento romagnolo e il tono di voce squillante. "Era piena di vita, un treno in corsa, con uno spiccato senso del dovere", scrivono in due distinte lettere che seguono quel tragico 4 marzo. Sara aveva un pallino chiamato PMA, ovvero procreazione medicalmente assistita. Lei voleva regalare la vita. Regalare speranza a chi aveva smesso di averne. "Si è commossa – racconta una dottoressa di Catanzaro – il giorno in cui abbiamo saputo che la nostra prima paziente aspettava un bambino". Dopo aver frequentato il liceo Classico di Forlì, si trasferisce a Ferrara per studiare Medicina e si laurea col massimo dei voti. Durante gli studi la sua giovane vita aveva già messo un puntello in Trentino Alto Adige grazie ad uno stage a Brunico, proprio nel laboratorio di PMA, per preparare la tesi. Un’esperienza che ricorderà con grande affetto e soddisfazione e che forse – raccontano Mirella ed Emanuela – la motiverà anche a tornare in quella regione. Finita Medicina, Sara non ha dubbi: vuole iniziare la specializzazione senza perdere tempo e coglie la prima opportunità che le si presenta: si trasferisce a Catanzaro, a quasi 1000 km da casa. Lì continua a formarsi e vive ...
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