di Francesca Miccoli Appresa la notizia della cancellazione dell’edizione 2022 del Festival, Dino Vitola risponde con un moto di commozione. Patron del ‘Voci Nuove’ dal 1990 al 2008, dopo aver raccolto l’eredità da Gianni Ravera (al timone di ben 16 Sanremo), ha organizzato e prodotto numerosi spettacoli di successo e scoperto tantissimi talenti. Vitola, quest’anno niente Festival. "È una notizia che mi rattrista molto, sono legatissimo a Castrocaro. Negli ultimi anni l’ho seguito da lontano e sono rimasto davvero male a vedere uno spettacolo triste, quasi una sagra di paese. Per un’edizione ho addirittura spento la tv. Ai miei tempi la piazza si trasformava in un grande teatro, quando riguardo le immagini ancora mi commuovo. Fui un facile profeta nel 2008 a prevedere l’inizio del declino". Da dove nasceva questo pessimismo? "Il Festival ha iniziato a morire quando è finito in mano alla politica locale. Ci sono troppi interlocutori che vi ruotano attorno, dalle Terme al Comune. Anche i migliori tra gli amministratori non possono organizzare il Voci Nuove, è indispensabile affidarsi a chi è del mestiere". Il bando c’era, ma è deserto. "Gli ultimi bandi presentavano clausole improponibili. Ma il problema non è tanto il contenuto nel bando quando la stessa scelta di individuare l’organizzatore attraverso una procedura concorsuale. Bisogna rivolgersi a professionisti, e oggi in Italia saremo forse in tre a fare questo mestiere. Quella dell’organizzatore è una figura artigianale che è andata sparendo, dopo la morte dei Ravera e dei Salvetti, non c’è stato rinnovamento".  Secondo lei si può risalire? "Certamente, il marchio di Castrocaro è impolverato e va rimesso a lucido ma rimane comunque prestigioso. Molti ancora mi chiedono del Festival". Da dove ripartire? "Si può ripartire ma non c’è tempo da perdere. Prima di tutto ci vogliono umiltà e amore per questa manifestazione. E va fatto un investimento a lungo termine, non a due o tre anni, per riportare Castrocaro al ruolo che gli compete. Un investimento non solo economico, ma anche di idee perché il mondo è cambiato".  Intende dire che il format è ormai superato? "È invecchiato male. È indispensabile guardare alle nuove tendenze, le persone della mia età una volta non indossavano i jeans e oggi io li porto. Bisogna ascoltare non solo ciò che è melodico: il Festival di Gigliola Cinquetti è stato meraviglioso ma irripetibile. È giunto il momento di seguire ciò che piace, concentrarsi sui nuovi colori e i nuovi trend della musica internazionale: lo stesso rap oggi è superato. Ai tempi in cui la musica va sui social è necessario rivedere i modi di partecipazione. Confesso che i finalisti degli ultimi anni io non li avrei portati nemmeno tra il pubblico". Negli ultimi anni la copertura televisiva ha scricchiolato.  "Se la Rai si è allontanata, bisogna farla innamorare di nuovo del festival. Il rapporto si può recuperare, è un binomio da non scindere".  Cosa non ha funzionato con la gestione di Lucio Presta? "Presta è un amico carissimo, abbiamo lavorato assieme tanti anni fa. Ma è il numero uno degli agenti, rappresentare un artista e organizzare un festival non è la stessa cosa".  Lei tornerebbe alla guida del Festival? "Da parte mia ci sarebbe la volontà. Sono organizzatore, giurato e ‘narratore’ di una quarantina di festival. Castrocaro, che amo immensamente, è stato capostipite di queste manifestazioni. Ma non so se le mie idee collimino con quelle della politica".

Cronaca

di Francesca Miccoli
Appresa la notizia della cancellazione dell’edizione 2022 del Festival, Dino Vitola risponde con un moto di commozione. Patron del ‘Voci Nuove’ dal 1990 al 2008, dopo aver raccolto l’eredità da Gianni Ravera (al timone di ben 16 Sanremo), ha organizzato e prodotto numerosi spettacoli di successo e scoperto tantissimi talenti.
Vitola, quest’anno niente Festival.
"È una notizia che mi rattrista molto, sono legatissimo a Castrocaro. Negli ultimi anni l’ho seguito da lontano e sono rimasto davvero male a vedere uno spettacolo triste, quasi una sagra di paese. Per un’edizione ho addirittura spento la tv. Ai miei tempi la piazza si trasformava in un grande teatro, quando riguardo le immagini ancora mi commuovo. Fui un facile profeta nel 2008 a prevedere l’inizio del declino".
Da dove nasceva questo pessimismo?
"Il Festival ha iniziato a morire quando è finito in mano alla politica locale. Ci sono troppi interlocutori che vi ruotano attorno, dalle Terme al Comune. Anche i migliori tra gli amministratori non possono organizzare il Voci Nuove, è indispensabile affidarsi a chi è del mestiere".
Il bando c’era, ma è deserto.
"Gli ultimi bandi presentavano clausole improponibili. Ma il problema non è tanto il contenuto nel bando quando la stessa scelta di individuare l’organizzatore attraverso una procedura concorsuale. Bisogna rivolgersi a professionisti, e oggi in Italia saremo forse in tre a fare questo mestiere. Quella dell’organizzatore è una figura artigianale che è andata sparendo, dopo la morte dei Ravera e dei Salvetti, non c’è stato rinnovamento". 
Secondo lei si può risalire?
"Certamente, il marchio di Castrocaro è impolverato e va rimesso a lucido ma rimane comunque prestigioso. Molti ancora mi chiedono del Festival".
Da dove ripartire?
"Si può ripartire ma non c’è tempo da perdere. Prima di tutto ci vogliono umiltà e amore per questa manifestazione. E va fatto un investimento a lungo termine, non a due o tre anni, per riportare Castrocaro al ruolo che gli compete. Un investimento non solo economico, ma anche di idee perché il mondo è cambiato". 
Intende dire che il format è ormai superato?
"È invecchiato male. È indispensabile guardare alle nuove tendenze, le persone della mia età una volta non indossavano i jeans e oggi io li porto. Bisogna ascoltare non solo ciò che è melodico: il Festival di Gigliola Cinquetti è stato meraviglioso ma irripetibile. È giunto il momento di seguire ciò che piace, concentrarsi sui nuovi colori e i nuovi trend della musica internazionale: lo stesso rap oggi è superato. Ai tempi in cui la musica va sui social è necessario rivedere i modi di partecipazione. Confesso che i finalisti degli ultimi anni io non li avrei portati nemmeno tra il pubblico".
Negli ultimi anni la copertura televisiva ha scricchiolato. 
"Se la Rai si è allontanata, bisogna farla innamorare di nuovo del festival. Il rapporto si può recuperare, è un binomio da non scindere". 
Cosa non ha funzionato con la gestione di Lucio Presta?
"Presta è un amico carissimo, abbiamo lavorato assieme tanti anni fa. Ma è il numero uno degli agenti, rappresentare un artista e organizzare un festival non è la stessa cosa". 
Lei tornerebbe alla guida del Festival?
"Da parte mia ci sarebbe la volontà. Sono organizzatore, giurato e ‘narratore’ di una quarantina di festival. Castrocaro, che amo immensamente, è stato capostipite di queste manifestazioni. Ma non so se le mie idee collimino con quelle della politica".

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