Ama definirsi un divulgatore del gioco degli scacchi – ed in effetti è conosciuto in città soprattutto per il progetto ‘Scacchi a scuola’, a cui hanno aderito tanti istituti –, ma in realtà è molto di più. Perché se 15 ragazzi del Circolo Scacchistico Forlivese si sono qualificati per la fase finale del campionato italiano Under 18 (cosa mai accaduta in passato), buona parte del merito è di chi questi talenti li allena, cioè Roberto Bartolozzi, 57 anni di Forlì. Bartolozzi, quando nasce la sua passione per questo sport? "Ai tempi delle Scuole superiori, quindi parliamo dell’inizio degli anni ‘80. Riuscivo a vincere anche con giocatori sulla carta più forti, pur non essendo seguito da alcun maestro". Finché non è diventato prima giocatore poi istruttore Fide (Federazione internazionale degli scacchi). "Ho giocato per molti anni, anche se per due volte sono stato costretto a fermarmi. Gli scacchi comunque sono sempre rimasti nel mio cuore e nel 2012 c’è stata la svolta, con una dichiarazione scritta del Parlamento europeo che introduceva il programma ‘scacchi a scuola’ nei sistemi di istruzione". Nel testo approvato dal Parlamento europeo si legge - testuale - "che, indipendentemente dall’età dei ragazzi, questo gioco può migliorare la concentrazione, la pazienza e la perseveranza e può svilupparne il senso di creatività, intuito e memoria, oltre alle capacità analitiche e decisionali". "Nel corso degli anni sempre più scuole del nostro comprensorio hanno aderito a questa iniziativa, evidentemente riconoscendone la bontà sotto molteplici punti di vista". Più di un giovane che partirà per Terrasini è stato scovato da lei proprio durante l’orario scolastico: da cosa capisce che un bambino può essere tagliato per questo sport? "I pezzi sulla scacchiera si muovono seguendo linee geometriche e coloro che con più facilità riescono a familiarizzare con questi movimenti hanno evidentemente una predisposizione; in particolare l’ho notato con le mosse di Cavallo, che ‘saltando’ da una casa all’altra richiedono un livello di astrazione più alto, specialmente per un bambino". Ad oggi quanti giovani praticano gli scacchi a Forlì a livello agonistico? "Prima di rispondere vorrei citare Fabrizio Bartoletti e Roberto Petrini, rispettivamente presidente e vice del nostro circolo, senza il cui appoggio niente sarebbe stato possibile. Quest’anno abbiamo sfiorato le 30 presenze continuative. Una metà di loro ha superato le fasi provinciali e ora si giocherà una chance ai campionati nazionali". Qual è l’aspetto che più le piace dell’allenare bambini e ragazzi? "Seguire il loro percorso evolutivo, non solo sulla scacchiera ma anche come persone. Non va dimenticato che gli scacchi sono anche un gioco per crescere: si impara ad esempio ad accettare la sconfitta, anche se all’inizio per alcuni è dura; si apprende a stare da soli di fronte all’avversario, ad acquisire consapevolezza dei propri mezzi e soprattutto fiducia". Alessandro Valgimigli

Cronaca

Ama definirsi un divulgatore del gioco degli scacchi – ed in effetti è conosciuto in città soprattutto per il progetto ‘Scacchi a scuola’, a cui hanno aderito tanti istituti –, ma in realtà è molto di più. Perché se 15 ragazzi del Circolo Scacchistico Forlivese si sono qualificati per la fase finale del campionato italiano Under 18 (cosa mai accaduta in passato), buona parte del merito è di chi questi talenti li allena, cioè Roberto Bartolozzi, 57 anni di Forlì.
Bartolozzi, quando nasce la sua passione per questo sport?
"Ai tempi delle Scuole superiori, quindi parliamo dell’inizio degli anni ‘80. Riuscivo a vincere anche con giocatori sulla carta più forti, pur non essendo seguito da alcun maestro".
Finché non è diventato prima giocatore poi istruttore Fide (Federazione internazionale degli scacchi).
"Ho giocato per molti anni, anche se per due volte sono stato costretto a fermarmi. Gli scacchi comunque sono sempre rimasti nel mio cuore e nel 2012 c’è stata la svolta, con una dichiarazione scritta del Parlamento europeo che introduceva il programma ‘scacchi a scuola’ nei sistemi di istruzione".
Nel testo approvato dal Parlamento europeo si legge - testuale - "che, indipendentemente dall’età dei ragazzi, questo gioco può migliorare la concentrazione, la pazienza e la perseveranza e può svilupparne il senso di creatività, intuito e memoria, oltre alle capacità analitiche e decisionali".
"Nel corso degli anni sempre più scuole del nostro comprensorio hanno aderito a questa iniziativa, evidentemente riconoscendone la bontà sotto molteplici punti di vista".
Più di un giovane che partirà per Terrasini è stato scovato da lei proprio durante l’orario scolastico: da cosa capisce che un bambino può essere tagliato per questo sport?
"I pezzi sulla scacchiera si muovono seguendo linee geometriche e coloro che con più facilità riescono a familiarizzare con questi movimenti hanno evidentemente una predisposizione; in particolare l’ho notato con le mosse di Cavallo, che ‘saltando’ da una casa all’altra richiedono un livello di astrazione più alto, specialmente per un bambino".
Ad oggi quanti giovani praticano gli scacchi a Forlì a livello agonistico?
"Prima di rispondere vorrei citare Fabrizio Bartoletti e Roberto Petrini, rispettivamente presidente e vice del nostro circolo, senza il cui appoggio niente sarebbe stato possibile. Quest’anno abbiamo sfiorato le 30 presenze continuative. Una metà di loro ha superato le fasi provinciali e ora si giocherà una chance ai campionati nazionali".
Qual è l’aspetto che più le piace dell’allenare bambini e ragazzi?
"Seguire il loro percorso evolutivo, non solo sulla scacchiera ma anche come persone. Non va dimenticato che gli scacchi sono anche un gioco per crescere: si impara ad esempio ad accettare la sconfitta, anche se all’inizio per alcuni è dura; si apprende a stare da soli di fronte all’avversario, ad acquisire consapevolezza dei propri mezzi e soprattutto fiducia".
Alessandro Valgimigli

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